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BREVE STORIA DEL "PERDONO D'ASSISI" E DI UN'ASSOCIAZIONE PRESENTE A VERDERIO DA QUASI 150 ANNI di Marco Bartesaghi

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Il 2 agosto di ogni anno è, nel mondo cattolico, la giornata dedicata al Perdono d’Assisi, occasione, per chi lo vuole, di ottenere, o “lucrare” - se si vuole ricorrere al verbo tradizionalmente usato, ma che, alle nostre orecchie, ha assunto ormai una connotazione negativa - l’indulgenza plenaria.
Per conoscere il significato di questo istituto che, sebbene meno frequentato che nei secoli scorsi, mantiene nella dottrina cattolica un ruolo importante, leggiamo come esso è definito nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1).


L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, […]
L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati”  […]. Le indulgenze possono essere applicate ai vivi o ai defunti.”
(2)


Ho evidenziato un paio di frasi che, almeno per i profani – categoria a cui appartengo - , necessitano di qualche specificazione.
La prima – “i peccati già rimessi quanto alla colpa”– chiarisce che l’indulgenza non solo non sostituisce il sacramento della penitenza, al quale la remissione della colpa è affidata, ma da esso non può nemmeno prescindere.
La seconda frase sottolineata delimita il campo d’influenza dell’indulgenza: la pena temporale dovuta per i peccati. Per cercare di comprenderne il significato ci affidiamo ancora una volta al testo del Catechismo.


“Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato […]
Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato”.


Chiarito, per quanto possibile (3), l’ambito d’azione delle indulgenza, torniamo a quella specifica legata al Perdono d’Assisi.
 

La sua storia risale al 1216, quando Francesco d’Assisi la ottenne, da Papa Onorio III, per la Porziuncola, una piccola chiesa dedicata a Santa Maria degli Angeli, che Francesco recuperò dall’abbandono e che ne fece centro dell’ordine dei frati minori.
L’origine del Perdono d’Assisi è narrata in un libro del 1824, il cui frontespizio recita: Storia del Perdono d’Assisi con documenti e osservazioni del P. Maestro FRA NICCOLA PAPINI, già ministro generale de’ Minori Conventuali di S. Francesco (4).
 

Leggiamone un brano:


“Uno degli oggetti, a’ quali più mirò San Francesco già vaso eletto di perfezione, e che in special modo richiamarono le attenzioni e le premure di lui, fu la salvezza de’ peccatori.
Questo aveva egli in vista, dopo la Divina gloria, ne’ suoi disastrosi e lunghi viaggi, e nella quotidiana laborosissima predicazione; per questo offeriva sovente il proprio corpo olocausto alla superna giustizia col mezzo or de’ digiuni, or de flagelli, or delle nevi e de’ diacci, ed ora delle spine e de’ roghi, tra’ quali voltandosi a gran forza ne usciva lacero la pelle, e tutto tinto di sangue; di questo infine si occupava sempre nella sua quasi continua orazione, non passando volta, che non li raccomandasse alla maestà dell’Altissimo. Appunto avea ciò fatto una notte dimorando presso la Chiesa di Santa Maria in Portiuncola, e forse nell’implorare per loro grazia e perdono avevala esibita, diciam così all’offeso Signore, perché la destinasse qual città di refugio pe’ miseri, e luogo di condonazione: quand’ecco sente intimarsi d’andare i Perugia a’ piedi del Sommo Pontefice Onorio III, e a lui chieder, da lui impetrare ,’Indulgenza per la nominata Chiesetta. Non perde tempo la carità di Francesco. Di buon mattino prende fra Masseo per compagno e si porta a Perugia. Introdotto alla presenza del Papa rispettosamente così gli favella. Santo Padre, non è molto che fu per opera mia restaurata per Voi e ridotta in buono stato una Chiesa sacra alla gran Vergine Madre di Cristo, detta però Santa Maria nella pianura d’Assisi. Ora supplico vostra beatitudine a volersi degnare di porre in essa una grande Indulgenza nell’anniversario della dedicazione il dì due d’Agosto, da’ Vespri del dì primo fino a’ Vespri del dì seguente, ma senz’obbligo d’offerte, e senz’altra briga ed impaccio. Rispose il Papa che voleva contentarlo sebbene fossero le obbligazioni troppo giuste e doverose. Gli domandò poi: Per quanto tempo volete Voi, fra Francesco, quest’Indulgenza? E di quanti anni bramate che sia? Basta di tre … di sei … di sette? Eh, padre beatissimo, replicò il Santo, che dite voi d’anni e di tempo? Non vi chiedo anni, vi chiedo Anime. Il voler mio sarebbe, convenendone Voi, che chiunque nell’anniversario della Dedicazione di detta Chiesa la visiterà ben pentito, e premessa già la sacramental confessione, resti sciolto e libero, tanto in cielo che in terra, come dalla colpa, così dalla pena interamente, e ciò s’intenda di tutto il male fatto dopo il Battesimo fino a quel punto. Eh Francessco, ripigliò il Pontefice, questo è un po’ troppo; non costumarono i miei antecessori d’accordare sì fatte Indulgenze. Sentite, beatissimo Padre, riprese il Santo, la petizione da me fattavi non è mia: io l’ho fatta, e la fo da parte di Cristo Signore che m’ha ordinato di presentarmi a Voi. A questo favellare s’arrese subito Onorio, e rispose: Sì, ve l’accordo. Placet mihi, quod habeas; Concedo, quod dita sit, Fiat in nomine Domini.
Tosto che ciò seppesi da Cardinali, si affrettarono a rappresentare al Pontefice, il pregiudizio che sarebbe quindi venuto a Terra Santa, e alla Basilica de’ SS. Apostoli Pietro e Paolo, e si sforzarono a persuaderlo di rivocare la grazia. No davvero, rispose Onorio, non fo queste azioni di ritirare una cosa dopo averla donata. […] Ex nunc concedo (disse il Papa a Francesco) quod quicumque venerit ed intraverit predictam Ecclesiam bene contritus et confessus sit absolutus a poena et culpa, et hoc valere volumus singulis annis in perpetuum per diem naturalem a primis vesperis includendo noctemusque ad vesperas seguenti diei. Ciò udito fece il Santo la sua riverenza, e si mosse per andarsene; ma lo trattenne il Pontefice dicendo: Dove andate, buon Uomo?che avete voi da mostrare di privilegio cotanto? Santità, rispose Francesco, essendo quest’opera di Dio ci penserà Lui a garantirla. Contentatevi che io non pigli documento di sorta alcuna. Suppliranno, per la carta la Vergine Santissima, per notaro Gesù Cristo Signore, e per i testimoni gi Angeli santi”


La Porziuncola





Riassumendo, nel 1216 Francesco, ispirato dal Signore, ottenne dal papa che il 2 d’agosto, anniversario della dedicazione della chiesa alla Madonna, chiunque, dopo essersi confessato, si fosse recato alla Porziuncola avrebbe ottenuto l’indulgenza per tutti i peccati commessi dal giorno del Battesimo in poi.
Fu così che la Porziuncola divenne ed è rimasta un ‘importante meta di pellegrinaggio.
In seguito l’indulgenza del Perdono d’Assisi fu estesa prima a tutte le chiese francescane, poi alle parrocchie e ad altre chiese.



IL PERDONO D’ASSISI A BACCANELLO
 

Il convento di Baccanello, nel territorio di Calusco d’Adda, e quello di Sabbioncello, a Merate, sono, se non vado errando, i luoghi francescani più vicini a Verderio.


La chiesa di Santa Maria Assunta di Baccanello (Calusco d'Adda)
Nel primo, le cerimonie del Perdono di Assisi, hanno inizio la sera dell’1 agosto con una processione penitenziale, legata cioè alla espiazione dei peccati e alla dimostrazione pubblica del pentimento. Nella processione la statua della Madonna della chiesa di Santa Maria Assunta di Baccanello, che in precedenza trasportata nella parrocchiale di Calusco, viene riportata alla sua sede.
 




Qui i fedeli possono acquistare l’indulgenza plenaria del Perdono d’Assisi a condizione che si siano confessati nell’arco di 8 giorni dalla ricorrenza, che abbiano partecipato a una Santa Messa e che abbiano recitato un Credo, un Padre Nostro e un Gloria.
Le giornate del Perdono finiscono con una festa nel parco adiacente al convento (5)




L’ASSOCIAZIONE DEL SANTO PERDONO D’ASSISI DI BERGAMO.


La chiesa di Sant'Alessandro in Colonna a Bergamo




Nel 1778 nasce a Bergamo l’associazione Pio Lotto del S. Perdono d’Assisi, che nel 1899 prenderà il nome, che tuttora mantiene, di Pia Associazione di Mutuo Suffragio del Santo Perdono d’Assisi.
L’associazione in origine aveva come riferimento la chiesa di Santa Maria delle Grazie. 

Quando questa, nel 1856, fu demolita, fino alla sua ricostruzione (1876), l’associazione si trasferì nella prepositurale di S.Alessandro, dove tornò definitivamente nel 1887, quando ci si rese conto che la nuova chiesa delle Grazie, non era sufficiente ad ospitare i partecipanti alle funzioni del Perdono.



Ogni socio, si legge sul certificato d’iscrizione attualmente in vigore, “partecipa al tesoro” di una serie di S. Messe che si celebrano nella chiesa di S. Alessandro. Quando uno di essi muore, l’associazione provvede a far celebrare una S. Messa presso la parrocchia dove il socio era iscritto. Il 2 agosto, successivo alla sua morte, il socio defunto viene suffragato con l’acquisto dell’indulgenza plenaria da parte di un altro socio o di un parente che deve essere presente alla processione del Santo Perdono.

Il certificato d'iscrizione all'associazione in uso attualmente

I soci che avevano l’onore di rappresentare i defunti nell’acquisto dell’indulgenza, in passato venivano estratti a sorte fra quelli che, entro il 15 luglio, avevano pagato la quota annua d’iscrizione all’associazione. Per rendersi conto dell’ordine di grandezza della somma da versare, si deve sapere che quest’anno, 2015, l’importo è di euro 2,5, nel 1958 era di lire 50 e nel 1899 di lire 20. Gran parte del ricavato annuale è utilizzato per il sostentamento dei missionari della diocesi di Bergamo.
A Verderio si è persa l’usanza, di addobbare la bara del socio, con il simbolo francescano delle braccia di Cristo e di San Francesco incrociate di fronte al crocifisso. Un tempo a questo scopo veniva utilizzato un cuscino ricamato. Oggi, dove la tradizione di questo gesto è ancora viva, il cuscino  è sostituito, in genere, da due immagini appese ai fianchi della bara.




Le immagini con il simbolo francescano, con cui, in alcune parrocchie,  si addobbano le bare dei soci defunti

L’ASSOCIAZIONE A VERDERIO
 

Negli anni successivi alla sua fondazione, l’Associazione si diffuse e si radicò in diverse parrocchie delle province di Bergamo, Milano e Como.
A Verderio, è tuttora presente, ancora divisa in due sezioni, Verderio Inferiore e Verderio Superiore.
Quella di Verderio Inferiore ha attualmente 140 iscritti. Maria Angela Sala da quest’anno ha assunto il ruolo di incaricata che, per qualche decina di anni, era stato svolto da Colnaghi Luigia.
A Verderio Superiore gli iscritti sono una quarantina; la responsabile è Pinuccia Frigerio, coadiuvata da Graziella Viganò.
Per risalire alle origini della presenza a Verderio dell’associazione, ho visitato la sede di Bergamo, che si trova in vicolo dei Dottori 6 ed è aperta al mattino, dal lunedì al giovedì, grazie al lavoro volontario di due signore. 


La sede di Bergamo dell'Associazione di Mutuo Suffragio del Santo Perdono d’Assisi.

La documentazione conservata è costituita da registri contenenti i nomi degli iscritti, la loro età all’atto dell’iscrizione, l’anno in cui questa è avvenuta e la data del decesso. Ho avuto l’impressione che il resto dell’archivio non sia tenuto molto in considerazione e che poco si sappia della sua consistenza.
Per quanto riguarda Verderio, a parte i registri attuali, in possesso anche delle incaricate locali, sembra sia rimasto un solo registro precedente, relativo a Verderio Superiore e iniziato il 18 febbraio 1956.



Il registro del 1956 di Verderio Superiore
I nomi degli iscritti prima di questa data, ancora viventi, furono riportati nel nuovo registro, in testa ad ogni pagina alfabetica. Per ognuno di essi è annotata la provenienza dal registro precedente, che risulta essere stato intestato a Brivio Ronco e che non è più rintracciabile.
 

Nel registro del 1956 sono elencati i nomi di alcune incaricate locali succedutesi negli anni: Isabella Oggioni, che si era iscritta all’associazione nel 1915, all’età di 18 anni e che restò in carica fino al 1976, quando venne sostituita da Luigia Colombo, nell’associazione dal 1956, quando aveva 23 anni. Dopo di lei seguì Teresina Frigerio Aldegani (11). Da altri documenti, del 1899  e 1909, che verranno qui di seguito presentati, si sa che un precedente incaricato, forse il primo, per entrambe le parrocchie, fu Giovanni Quinterio di Verderio Inferiore.
 

Il registro è però troppo recente per permetterci di conoscere la data dell’insediamento a Verderio dell’associazione. La più “antica” data d’iscrizione in esso contenuta risale al 1888 e corrisponde a Luigia Oggioni di Adamo, che quell’anno aveva 17 anni.

Per risalire ulteriormente nel tempo, ho potuto consultare i "Cataloghi" dei defunti:  fogli che ogni anno l’associazione compilava e faceva stampare, con i nomi dei soci defunti nell’anno precedente. In un faldone, scovato fortunosamente da una delle signore responsabili della sede e inesplorato da chissà quando, sono conservati quelli i cataloghi  dal 1850 al 1900. Ogni foglio contiene più di mille nomi, ordinati secondo la data di morte e con l’indicazione del luogo di provenienza.  

Il faldone che contiene i "cataloghi" dei soci defunti dal 185 al 1900



Il  più antico nome di Verderio l’ho trovato nell’elenco datato 1875/76: Angela Villa Massonica di Verderio Inferiore. Ho continuato la ricerca, infruttuosamente, risalendo di altri cinque anni. Penso quindi che la data d’insediamento dell’associazione a Verderio possa essere situata intorno al 1874 - 1875.
Tra il 1875 e il 1882, ho rintracciato solo nomi di Verderio Inferiore: forse l’associazione è nata prima qui che a Verderio Superiore.



Il "Catalogo dei Confratelli Defunti del 1875 - 1876

DOCUMENTI

Possiedo, perché mi sono state donate, due schede d’iscrizione all’Associazione di due epoche diverse.
 

La più antica è datata 19 luglio 1899, è intestata ad Adelaide Stucchi di Giovanni, di 13 anni, di Verderio Sup. Incaricato dell’associazione era Giovanni Quinterio, di cui abbiamo parlato in precedenza.
Il documento è, in pratica, una cartelletta di cm 31,5x cm 43,7. 


Il lato anteriore, suddiviso in paragrafi, contiene  i dati personali  dei soci  (gli "ascritti"),  gli  obblighi a cui essi si dovevano attenere e la descrizione delle indulgenze e dei suffragi a cui potevano aspirare, con le modalità per il loro conseguimento. 

Lato anteriore


Il testo scritto è inquadrato in una cornice rettangolare, con una croce su ogni angolo e un motivo floreale lungo i quattro lati.  

Il lato posteriore è occupato dall’immagine di San Francesco, inginocchiato davanti a un altare, che riceve, da due angeli,  il dono dell’indulgenza “perpetua” per la Porziuncola. In alto a sinistra il Padre, il  Figlio e lo Spirito Santo. Di fronte a loro la Madonna circondata da angeli. L’immagine è quindi  la riproposizione della frase che Francesco avrebbe pronunciato di fronte al papa: “Suppliranno, per la carta la Vergine Santissima, per notaro Gesù Cristo Signore, e per i testimoni gi Angeli santi”, già citata sopra.
 

 
Lato posteriore


In basso a sinistra, il purgatorio, dalle cui fiamme un angelo libera una delle anime, salvata dalla pena grazie all'indulgenza ricevuta.
L’intera figura è inquadrata in una cornice dove, fra due sottili bordi dorati, è ripetuto il motivo della croce all’interno del cerchio  


***
La seconda scheda di iscrizione che possiedo, risale al 1958 (11 luglio), è intestata ad Antonia Acquati di Enrico, di 37 anni, di Verderio Sup. La scheda è firmata dall’incaricata locale Isabella Oggioni.
Il documento è costituito da un solo foglio, 24, 5 cm x 35cm, con gli stessi contenuti del precedente.


Una scheda d'iscrizione del 1958
La parte superiore è occupata da tre immagini francescane, riproduzione di quelle che compogono un trittico conservato presso la sede dell’associazione. Nella prima Francesco riceve da Gesù l’indulgenza per la Porziuncola, che gli viene confermata dal papa nella seconda figura. Nella terza il solito angelo che libera dal purgatorio l’anima favorita dall’indulgenza (6).

Il trittico con i dipinti riguardanti il Perdono d'Assisi, in un locale della sede dell'associazione

 ***

Il terzo documento, sempre dello stesso genere, è un’immaginetta, del 1926, con l’angelo che salva l’anima del purgatorio sul fronte, tema già incontrato nei documenti precedenti, e le “Istruzioni intorno all’indulgenza plenaria” sul retro (7).
 

Fronte e retro dell'immaginetta

 ***

In una cartella dell’archivio parrocchiale di Verderio Superiore, sono conservate alcune carte che trattano, o fanno riferimento, al Perdono d’Assisi (8).
 

In ordine cronologico, il primo documento, datato 30 aprile 1909, è una lettera che il cancelliere dell’associazione di Bergamo, Filippo Peverelli, scrive al parroco di Verderio Superiore, don Luigi Galbiati, per comunicargli la“consolante notizia” che, “finalmente”, Giovanni Quinterio aveva rinunciato al ruolo di incaricato locale per le due parrocchie. Non si conosce il motivo, ma è lampante che i due auspicassero questa soluzione. Nella lettera lo scrivente chiede a Don Luigi di indicare il nome del successore di Quinterio, che si sarebbe dovuto occupare, oltre che di Verderio Inferiore e Superiore, anche di Ronco. 








***

Con una lettera indirizzata a un monsignore, di cui non è specificato nome e ruolo, il 27 luglio 1911, don Luigi chiede che alla parrocchiale di san Giuseppe e Fiorano, sia concessa l’indulgenza del Perdono d’Assisi, da “lucrarsi nelle debite forme” nella domenica successiva al 2 di agosto. Il parroco, nella sua richiesta fa riferimento a un decreto del Sant’Uffizio del 26 maggio dello stesso anno.





***

Datato 20 luglio 1915 è un foglio stampato con cui l’associazione comunica alle parrocchie che, essendo state proibite, a causa dell’entrata in guerra dell’Italia, le riunioni pubbliche, comprese le processioni civili e religiose,  quell’anno la processione del Santo Perdono, detta del Passaggio, non si sarebbe svolta (9).

Non per questo, è specificato nell’avviso, i sorteggiati ad acquistare l’indulgenza per i soci defunti, dovevano sentirsi esonerati dal loro compito, soprattutto se a loro carico erano le anime dei caduti in guerra.



***

Un’ultima lettera, che fa riferimento al Perdono d’Assisi, è quella scritta, il 23 luglio 1915, ancora una volta da Don Luigi Galbiati. Essendo indirizzata all’Eminenza Reverendissima, dovrebbe essere rivolta al Cardinale di Milano, a quell’epoca Andrea Carlo Ferrari.
Don Luigi (10), dopo aver evidenziato che dal 1898 in parrocchia era stata“eretta canonicamente la Congregazione del terz’Ordine di San Francesco”, chiedeva che alla chiesa parrocchiale venisse concessa l’Indulgenza  l'8 agosto del 1915,  la domenica successiva al Perdono d’Assisi. 



***

Questa raccolta di documenti non comprende quelli che, molto probabilmente, sono conservati nell'archivio parrocchiale di Verderio Inferiore. Purtroppo non ho ancora avuto la possibilità di verificarne l'esistenza e, eventualmente, di consultarli. Spero di poterlo fare in un prossimo futuro, in modo da poter completare questa piccola rassegna.
Marco Bartesaghi
NOTE

(1) In internet al seguente indirizzo: http://www.vatican.va/archive/ITA0014/_INDEX.HTM
(2) Per questa e la seguente citazione vedi: sezione seconda, capitolo secondo: Le indulgenze. http://www.vatican.va/archive/ITA0014/__P4F.HTM
(3) Forse può essere d’aiuto un brano tratto da un simpatico opuscolo illustrato, intitolato “Il perdono d’Assisi”, prodotto nel 1992 da Edizioni Biblioteca Francescana  di Milano:
“Nel Rito del Battesimo viene consegnata a colui che è stato rigenerato nell’acqua e nello Spirito una veste bianca, segno della nuova dignità di figlio di Dio. Nel cammino della vita con il peccato questa veste viene macchiata e c’è bisogno di una purificazione che la renda di nuovo candida. Ora con il Sacramento della Riconciliazione la veste viene purificata, ma, con l’andare del tempo, il tessuto si logora, non è più nuovo  anche se viene reso bianco del perdono sacramentale.
L’indulgenza è un intervento particolare che non solo purifica, ma rende nuova la veste battesimale, che restaura pienamente il tessuto logorato dal tempo”

(4) In Google libri il testo completo al seguente indirizzo: https://books.google.it/books?id=-RfQHDu8hfEC&pg=PA1&lpg=PA1&dq=Storia+del+Perdono
(5) Notizie ricevute da Teresa Ponzoni di Calusco d’Adda, che ringrazio.
(6) Il documento del 1899 mi è stato donato da Carla Comi; quello del 1958 da Fabrizio Oggioni. Li ringrazio.
(7) L’originale dell’immaginetta qui riprodotta appartiene alla signora Isabella Villa Nava.
(8) APVS, Titolo III, Cl. 1 Confraternite. B. Varie Cart.3°, Fasc. 3/3, Perdono d’Assisi – Contro Bestemmia.
(9) R. Decreto n. 674 concernente provvedimenti straordinari in materia di pubblica sicurezza. G. U. del regno d’Italia. N 127 (straordinario), 23 maggio 1915.
(10) Don Luigi Galbiati è stato parroco di Verderio Superiore dal 1897 a 1923.
(11) Questa nota è "fuori ordine". La aggiungo ora perché Giovanna Riva mi ha mandato questa osservazione: "Secondo me, il nome esatto di Teresina , mamma di Pinuccia, è ALDEGHI TERESA sposata FRIGERIO e non Aldegani come scritto nel blog".
Pinuccia Frigerio è l'attuale incaricata dell'associazione per la parrocchia di Verderio Superiore. 
Penso che l'appunto di Giovanna sia corretto. Il cognome Aldegani è però quello riportato nel registro: evidentemente un errore del compilatore. Grazie Gio'... 



























ANNI CINQUANTA: DUE BREVI RACCONTI di Carla Deambrogi Carta

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PRIMAVERA 1950: RICORDI DI SCUOLA

Corre la vecchia corriera nel verde della pianura.
Ogni tanto, una sosta ai vecchi casali.
Poi la corsa riprende nella luce del luminoso mattino.
Ecco la mia fermata: scendo.

Un saluto festoso di bimbi mi accoglie.
Insieme, per mano, camminiamo nel sole
                   verso la piccola scuola bianca.
Perché non poter fermare questi momenti sereni?
Perché non poter, qui a lungo, o per sempre, restare ?

Tornerà l'autunno, percorrerò altre strade,
camminerò con altri alunni,
stringerò altre piccole mani
e mi sembrerà di tornare alla piccola scuola bianca.



Il  primo racconto, che la signora Carla, assidua collaboratrice di questo blog, ci propone, è stato scritto nel 1950, quando, a 21 anni,  era maestra a Caselle Lurani,  nel Lodigiano. I suoi alunni erano quelli della 2a e 3a elementare. Di loro ha conservato l'elenco dei nomi.

Anno scolastico 1949 - 50 Caselle Lurani fr. Calvenzano. Classi 2a e 3a.

Nel secondo racconto, la signora Carla ricorda una giornata d'estate, trascorsa in campagna, in Lomellina insieme ai nonni. (M.B.)


UNA GIORNATA D'ESTATE DI TANTISSIMI ANNI FA, IN LOMELLINA

La nonna cuce nella penombra della stanza e canta.
Fuori, la calura e ondate di luci dorate.

Il frinire delle cicale,
lo schiammazzare di una gallina,
il cigolio di un carro,
lontano, un muggito.


Statico il cielo,
immobili le foglie degli alberi.
Nell'orto,
i gesti lenti e misurati del nonno
chino sulle prode


Il gruppo insegnanti della scuola di Bruzzano, nell'anno scolastico 1950 -'51. La signora Carla è la seconda da destra, della fila in alto



 







UNA MOSTRA DI CARLA COLOMBO

LA BIBLIOTECA DI VERDERIO TI INVITA A LEGGERE UNA POESIA

VIA SANT'AMBROGIO E VIA PRINCIPALE IN UNA CARTOLINA DI VERDERIO DELL'INIZIO DEL NOVECENTO di Marco Bartesaghi

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Una bella immagine prospettica di via Sant’Ambrogio e di via Principale di Verderio, in questa cartolina di inizio novecento, che ha viaggiato, da Paderno d'Adda a Corsico, passando per Cesano Boscone, il 6 agosto 1907, indirizzata a Irene Marazzi Lissoni.
 

Per cercare di rifarla oggi, ho scattato alcune fotografie posizionandomi in piazza Sant’ Ambrogio sul lato delle ville, sul marciapiede. Per una riproduzione più fedele, probabilmente sarei dovuto stare più in centro alla strada. L’immagine che ho ottenuto mi sembra che vada comunque bene per tentare un confronto a un secolo di distanza.




Via Sant’Ambrogio e via Principale sono i tratti urbani della provinciale SP178 che dalla località Sernovella giunge a Cornate, dividendo in due parti il centro abitato della località “Superiore” di Verderio. Agli inizi del novecento, quando, presumibilmente, l’immagine della cartolina fu ripresa, le abitazioni di Verderio Superiore erano concentrate a nord della strada (a sinistra guardando la cartolina), mentre a sud c’erano solo alcune cascine.
Osserviamo ora la cartolina, e vediamo cosa essa ci può raccontare.

l campanile e l'insegna a ferro di cavallo




Punto di fuga dell’immagine è il campanile della vecchia parrocchiale di San Floriano. Spodestato nel 1902 dal nuovo campanile, ha resistito ancora, mi sembra, per qualche decennio, prima di essere abbattuto in una data che ancora non sono riuscito a conoscere. Non conosco neppure i motivi della sua soppressione: sarà stata inevitabile? Speriamo, altrimenti si sarebbe sacrificato per nulla un elemento significativo del paesaggio urbano.




 A destra della strada, la casa in primo piano esiste ancora ed appartiene alla stessa famiglia, i Pirovano, che la possedevano all’inizio del secolo scorso. Davanti all’edificio sosta un carretto trainato da un cavallo: una scena non insolita in quel luogo, poiché i Pirovano erano fabbri e ferravano i cavalli, come risulta anche dall’insegna a forma di ferro di cavallo sporgente dal muro.
 



Questo lato della strada è quello che più si è modificato da quando è stata scattata la fotografia. Più precisamente, tutto ciò che esiste ora nello spazio fra casa Pirovano e la Chiesa Vecchia è successivo alla nostra cartolina, compresi gli edifici più antichi: il municipio, del 1910, e lo stabilimento in mattoni che ospitava la ditta “Arte del Ferro”, che dovrebbe essere stato costruito tra il 1910 e il 1920. 

Nella cartolina s’intravvede la “Curt di Lau”, abbattuta negli anni novanta e sostituita da una nuova palazzina al numero civico 12 di via Principale.


Seppur modificati, sono invece perfettamente riconoscibili gli edifici sul lato nord della strada (a sinistra nella cartolina).



In primo piano la casa che fu prima del cappellano della chiesetta di Sant'Ambrogio e poi a disposizione del  coadiutore della parrocchia di Verderio Superiore; dal 1956 sede del “circolino”, il bar delle ACLI, e, dai primi anni del duemila, privata abitazione.


Il secondo edificio, più basso, è quello che più si è modificato: una parte è stata trasformata in accesso, con scala, a quello che era il bar delle Acli. L’altra ha ospitato per un certo periodo l’ufficio postale. Di questo si è conservata la facciata, con la bella porta d’entrata, affiancata da una finestra con inferriata, l’insegna in rilievo e, in alto, un fregio in cotto che riprende il motivo ad archetti a sesto acuto della chiesa parrocchiale.






L’edificio che segue è la “corte di Sant’Ambrogio”, meglio conosciuta come “Curt Növa”, fatta costruire dai conti Confalonieri e portata a termine, probabilmente a cavallo degli anni settanta - ottanta dell'ottocento. Il lato dell'edificio prospiciente la via era quello che ospitava le stalle e i fienili. Per questo le due file di finestre in origine erano false finestre, o finestre cieche. Questa caratteristica si è mantenuta nella metà di facciata a sinistra del portone d'accesso. Si è persa invece nell'altra metà, dove le finestre del primo piano ora sono aperte e quadrate, mentre quelle a pianterreno sono state trasformate in porta e vetrine di un negozio.

 
Facciata della “Curt Növa” ieri e oggi

 







 



La casa successiva, che fa angolo con via Fontanile aveva un aspetto caratteristico. Composta da due edifici piuttosto stretti, coperti da tetti a due spioventi a forte inclinazione, separati da un muro che comprendeva il portale d'entrata. Due piccole torri insomma, a pian terreno collegate con la “curt Növa”, ma separate da essa al piano superiore. Nella cartolina si vede poco, ma da altre immagini d'epoca, si nota che le pareti esterne erano dipinte a righe orizzontali. Forse è solo una mia idea, ma ho l'impressione che questo edificio  voglia richiamare la cascina “La Salette”, conosciuta anche come “Casina rigada”, per la decorazione a righe delle sue torri, ripristinata nel recente restauro.



Un'altra immagine, contemporanea della cartolina, delle vie Sant'Ambrogio e Principale
Di tutto ciò rimane ben poco nell'aspetto attuale dell'edificio, come si può notare nella fotografia scattata qualche giorno fa.



 
L'angolo fra via Principale e via Fontanile e l'edicola della Madonnina






 Ingrandendo opportunamente l'immagine sembra di veder abbastanza nettamente che all'angolo fra via Principale e via Fontanile era già presente l'edicola sacra che oggi contiene una malandata madonnina.
Nei giorni scorsi, sulla stampa locale sono apparsi articoli riguardanti questa edicola. In essi, con molta sicurezza, veniva fissata la data della sua costruzione (1889) e dato un nome al suo realizzatore (il pittore milanese Dovera). Ho l'impressione, ma sono pronto a chiedere scusa se mi sbaglio, che queste notizie siano campate per aria, non abbiano cioè nessun fondamento. Non sempre, purtroppo, si riesce a sapere tutto quello che si desidererebbe sapere. Bisogna però accontentarsi, almeno momentaneamente, finché qualche nuova notizia certa ci venga in aiuto.
La nostra cartolina ci permette di affermare, con una certa sicurezza, che all'inizio del novecento la cappellina c'era. Ci sarà stata anche prima? Forse sì, forse no.




Due soli edifici occupano l'intero lato sinistro della via Principale.
Il primo, più basso, è conosciuto come “Curt del prestinée” e, nella cartolina, appare come un unico edificio, omogeneo per altezza e per aspetto estetico.. Ora si presenta invece come una serie di quattro edifici autonomi, ciascuno con una propria altezza,  un proprio colore e un proprio disegno.



Il "profilo" della curt del prestinée, ieri e oggi




Per ultima la curt del legnamée o del murnée, che forse più delle altre ha mantenuto l'aspetto originario.

Curt del legnamée o del murnée




iI retro della cartolina

 Marco Bartesaghi






 

2 NOVEMBRE 2015: POESIE LETTE A VERDERIO DAI LORO AUTORI

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Il 2 novembre scorso, quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, la biblioteca di Verderio ha organizzato una serata di lettura di poesie. Tutti erano invitati a leggere una poesia propria o di un poeta conosciuto. 
Qui vengono presentati i testi letti dai loro autori, che ringrazio per avermi permesso di pubblicarli. M.B.



Ezio Brugali







                                    Ezio Brugali








Le estati in Via Manzoni
(Parole da Busnago)

Eravam quelli della periferia  

noi della via Manzoni dal 27 e più;

eravam tutti dei vivaci ragazzini

noi della leva dal 1967 in giù.

C'era tanto tanto verde da calpestare;

c'eran le ciliege con coraggio da rubare!

e si dovevan sempre formar le squadre

per ritornar stanchi la sera vincitori o vinti.

Ci raccontavan delle bande della piazza,

laggiù, tra le case e i bar e la chiesa:

nei vari cortili del centro si eran formate,

sull'"erone" giocando si davan battaglia.


Ma noi si stava nei prati a rincorrer farfalle;

e c'eran sempre le benedette ciliege a farci gola!

Oppur si calciava un pallone nei campi del collegio,

o si pedalava tutti quanti sino al Campo Robinson.


Ci ripetevan "L'Italia va male, bisogna risparmiare!"

e si pattinava tutti quanti via Manzoni su e giù,

quelle domeniche senza auto col sole a picco,

quelle domeniche d'un tempo lontano che fu.


Ti ricordo cosi, cara mia vecchia strada,

perchè davvero non trovo più verde da calpestare!

E mentre ti sfreccian troppe auto pur a quest’ora,

con passo lento ripercorro le tue storie da raccontare.



Solo ora cade una foglia

Solo ora cade una foglia.

Disegna la sua traiettoria lieve,

immersa in un silenzio cupo:

la quiete dopo la tempesta..


Solo ora cade una foglia.

S'adagia finalmente a terra,

posandosi, ahimé, in una pozza.

Già..è toccata a lei.


E' toccata a lei, povera foglia giallastra,

sporcarsi il dorso di rosso sangue!

Perchè la pozza è accanto ad un corpo inerme!

la tempesta di fuoco e bombe han le sue colpe;

il soldato e' morto ucciso per l'indifferenza di tanti.



SOLO ORA CADE UNA FOGLIA,

solo ora il mondo guarda laggiù.

Ed è, come sempre, troppo tardi,

e ci si infanga le scarpe di rosso sangue,

ma non ci si chiede dove tutti abbiam sbagliato,

che le scarpe nuove dobbiamo andar a comprare


 



Queste due prime poesie, scritte da Ezio Brugali, un abitante di Busnago, fanno parte della raccolta intitolata "Le emozioni donate".















***



Francesco Frigerio

Amore e basta

L'amore non ha occhi
ma battiti di cuore,
l'amore non ha orecchie
ascolta con l'anima,
l'amore non cammina
sbatte le ali,
l'amore non ha parole
ma sguardi,
l'amore non chiede
dà,
l'amore non brucia
riscalda,
l'amore è amore e basta.

 

   

Francesco Frigerio, classe 1985, abita a Verderio. Alcune sue poesie,compresa quella qui presentata, insieme a quelle di altri giovani autori, sono pubblicate nella rivista "Sentire" n. 22, acquistabile in Amazon libri.












***







                                    Alberto Spallone





I balconi delle case

 I balconi delle case
così assolati
così soli

Quante storie hanno visto
coi loro occhi di muro,
di un tempo perso
di un tempo andato

I balconi delle case
così isolati abbandonati
così stanchi -
depositi del niente
mai nessuno se n'è accorto

Sempre soli, chiusi lì,
prigionieri dei ricordi

(Stazione ferroviaria di Osnago ore 14,30
15 maggio 2015)










Alberto Spallone abita a Paderno d'Adda. Nel 2015 ha pubblicato una raccolta di poesie, che non contiene quella qui pubblicata.














*** 



Adriana De Cani

Risveglio

Sei venuto straniero
su questa selvaggia terra
assopita nel tempo
dove stagioni passate
sonnecchiavano i loro ricordi.

Il vento e il sole
la tingono di nuovi colori.
Vive, freme, trema
questa terra
sotto il passo leggero.


Ulisse

Nel cielo una luce
rompe il buio della notte.
Un'ombra cammina nella luce.
È Ulisse che cerca nella dimora.
 

 
Maria

Hai mendicato amore
come pane per sfamarti
come acqua per dissetarti.
Ti hanno risposto
Non è dignitoso mendicare
 
 Adriana De Cani è un'abitante di Verderio.


 ***




              Teresina Bonalume Biella






Scomparsa 

L'ho avvertita accanto a me, fin dal primo istante di vita quando percepii il mio iniziale respiro e il mio conseguente primario vagito. Era là. Una perfetta ombra scura. Un'ombra oltre la mia, quella che la luce proietta a ogni movimento.
Essa, quell'ombra così scura e delineata nella sua inequivocabile forma cammina sempre in maniera costante accanto a me in ogni attimo della mia esistenza.
In parallelo. Mai in sintonia.
E io penso, finché essa mi cammina a lato e un poco distante quel tanto che basta per non esserne sfiorati, avrò ancora la possibilità di respirare e Lei non mi ghermirà con la sua affilata falce. Finché non attraverserà quella strada per incrociare la mia continuerò umanamente a vivere.
È così che la Morte, sì, quell'ombra scura dai contorni definiti che mi viaggia accanto fin dalla nascita non avrà ancora ciò che da tempo brama: il mio unico corpo.
In molte ricorrenze purtroppo, l'ho vista carica ed esultante per la sua preda, gongolante di bottino.
In quegli istanti anche la mia personale ombra si piegava dal pianto al suo passaggio, nel riconoscere che essa, la Morte, si portava via a due passi da me le persone più care. Il dolore avanzava trafiggendo, lacerando il mio cuore già ferito e nulla mi rimaneva se non “odiare” quell'ombra così difforme e così temuta quale portatrice di tragedie umane.
No, non la voglio come esempio di equità e neppure lontanamente come “amica” e men che meno “sorella” come il grande Francesco la definì.
Ma ne pavento la presenza e ne diffido ad ogni istante il suo intervento su di me.
Però. Però essa, la Morte, mi sospinge, m'incalza, mi sprona a riflettere su quel voler attraversare in un momento qualunque la mia strada per porsi di fronte a me, arrestare la mia esistenza e caricarsi così del mio già inerme corpo lasciando nuda, allibita e indifesa la mia stessa anima.
Questa riflessione mi induce e ponderare e a riconoscere la caducità del mio esistere e nel medesimo momento a non sciupare inutilmente il tempo concesso in situazioni e problemi da nulla, inconsistenti.
No, non posso dilapidare il mio esistere dalle cose che veramente contano. Non posso dissipare o disperdere i miei personali sforzi o talenti per le cose effimere, appariscenti, inutili. No, non posso.
Ogni volta che volgo il mio sguardo verso lei, sì, quell'ombra scura mantellata, guardinga e armata di tutto punto pronta a togliermi il mio respiro, penso a una sola cosa: a vivere bene, con gioia, in armonia.
È allora che dal profondo del mio essere, intonato e melodioso, sale un canto perfetto, intimo, trascendente. È il canto dell'anima. Quell'anima che mi fu data in maniera gratuita da quel Creatore Senza Tempo che m'ha voluta qui sulla madre Terra e m'ha posto col pensiero in una valle infinita, là dove più niente e nessuno mi farà più soffrire. È il gaudio eterno. Quello che ha inizio con la nostra personale nascita.
E, beffarda se ne va ora “sorella” Morte con il carico inestimabile del mio corpo.
Ma Cristo ha vinto la morte!

Teresina Bonalume Biella abita a Verderio. Questo blog in passato ha già pubblicato un suo scritto. Lo potete trovare a questo indirizzo:


 



PER RICORDARE "PEO", BATTERISTA DE'"I CLEPTOMANI" di Doriano Riva

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L’amicizia è un grande valore.
Quando un amico ci lascia come è stato per Peo (Giampiero Nava) succede che questo sentimento ha un valore in più. Per chi come me, questa amicizia l’ha vissuta e condivisa per un buona parte della vita, merita di essere raccontata.
Ci siamo conosciuti a 16 anni quando col gruppo rock di Verderio che si chiamava “ Gli Evasi” ( Gigi batteria, Chiari chitarra, Raffaele basso , Pippo
chitarra, Doriano organo), eravamo a Cornate a suonare, e a Peo è stato chiesto di suonare qualche pezzo con noi.
L’impressione che fece al pubblico fu fulminante,sopratutto a Gigi che vedendo sto tipo biondo capelli lunghi suonare così bene, decise di lasciare
a lui le bacchette e di proseguire facendo parte del gruppo.


Abbiamo cambiato nome “I Cleptomani”. La nostra esperienza musicale è proseguita cambiando elementi ( Massimo e Gigi) ragazzi di Cernusco sul Naviglio. In quegli anni si facevano diversi concorsi per gruppi rock e noi eravamo spesso primi, salvo in due occasioni, a Cornate classificati secondi il pubblico contestò e a Mezzago dove, pur essendo stati eliminati dalla “giuria” il pubblico ci acclamò e la sera finale ci esibimmo con i DikDik.
La nostra esperienza durò fino al 1969.
Negli anni 70 nascevano gruppi sperimentali “rock progressivo”, Peo ne fece parte come batterista con i “Pholas Dactylus” riscuotendo un discreto successo nazionale e incidendo un Lp “Concerto delle menti”.








Negli anni a seguire ognuno ha fatto la sua strada, lavoro e passione x la musica. Con Peo ho avuto sempre un legame in più.
Nel febbraio 2002 ci siamo ritrovati con Gigi e Massimo dopo circa 30 anni a riprendere a suonare per l’amicizia e la passione x la musica. Ogni settimana ci incontravamo a suonare nella sua “sala della musica” e a Novembre dello stesso anno la “Riunion"è stata fatta nel locale che ci ha fatti conoscere al grande pubblico brianzolo al “ Canneto” di Colnago.
In seguito nel gruppo si è aggiunto un nuovo componente Silvano. Abbiamo continuato con numerosi concerti in giro x la brianza, fra questi il centro sportivo di Verderio Sup.


Invitati da Walter per una associazione benefica abbiamo suonato a novembre del 2012 all’Oratorio di Porto d’Adda


L’ultimo concerto programmato doveva essere a Luglio 2014 alla festa degli Alpini di Cornate, ma la malattia ce lo ha portato via.
Quella sera come gruppo abbiamo trovato un valido batterista, Paolo Frigerio, che ci ha permesso come Cleptomani di salutarlo e commemorarlo.







Quando ci ha lasciato con un gruppo di amici e fra questi voglio ringraziare Walter, abbiamo pensato di organizzare una serata di festa e musica con alcuni gruppi dell’epoca per ricordare e ringraziare Peo.


 
Gianpieero Nava, "Peo"

 
Presenti tutti i componenti della storia del gruppo e sopratutto il Chiari, anche lui purtroppo da poco ci ha lasciati.
Era il 22 novembre 2014 all’oratorio di Porto D’Adda.








Doriano Riva







 Per conoscere di più sui complessi di Verderio, "Gli Evasi" e "I Cleptomani", leggi l'articolo "Vennero “Gli Evasi”, e poi "I Cleptomani": i complessi musicali a Verderio".Lo trovi sul blog di Beniamino Colnaghi - Storia e storie di donne e uomini :
http://colnaghistoriaestorie.blogspot.it/search?q=cleptomani

 

A MALGRATE UNA MOSTRA DI FEDERICO BARIO INTORNO A KAFKA E ALLA SUA OPERA


TRACCE DI UNA MERIDIANA IN CASCINA "LA SALETTE", PRIMA DELLA RISTRUTTURAZIONE. Fotografie di Giuseppe Maggioni

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L'interesse di Giuseppe Maggioni per le meridiane, lo porta, oltre che a progettarle e costruirle, a cercarle e fotografarle. Grazie a questa sua passione posso presentarvi queste due immagini che testimoniano della presenza di una meridiana in cascina "La Salette", sopra l'arco della campata del portico in cui si trova la cappelletta con la scena dell'apparizione della Madonna. M.B.




GIUSEPPE MAGGIONI, CHE PROGETTA E COSTRUISCE MERIDIANE di Marco Bartesaghi

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Che cos’è una meridiana? È uno strumento per la misurazione del tempo, quindi un “orologio”; un orologio solare, perché indica l’orario rilevando la posizione del sole.
Le più comuni sono disegnate sui muri e funzionano grazie a una punta di metallo, detta gnomone, che proietta la sua ombra, a seconda di come il sole la colpisce, su una scala opportunamente graduata, indicando così le varie ore della giornata.
I limiti di una meridiana?
Quelli naturali dipendono dal sole: quando c’è, funziona, quando manca, no. Quindi una meridiana non funziona da dopo il tramonto all’alba e quando il sole è nascosto nascosto dalle nuvole o offuscato dalla nebbia.
Altri limiti dipendono dalla meridiana stessa o, meglio, da come riceve la luce del sole la parete che la ospita.
La situazione migliore, che quasi mai si verifica, è quella rappresentata da una parete esposta perfettamente a sud, quindi orientata da est a ovest, che sarebbe colpita dal sole per un maggior numero di ore. Una parete declinata verso est, perderebbe le ultime ore della giornata, al contrario di una declinata verso ovest, che perderebbe le prime.
Un altro limite al buon funzionamento è rappresentato dagli ostacoli che si frappongono tra la luce del sole e il muro: alberi, altre case ecc.
Vi sto raccontando quello che, insieme a Roberto Muzio, un amico che mi ci ha accompagnato, ho ascoltato da Giuseppe Maggioni, un brillante ottantenne di Cernusco Lombardone, che da circa 25 anni calcola, progetta e realizza meridiane.


Fra quelle da lui calcolate, due sono a Verderio, una in piazza Annoni,






l’altra nel cortiletto di casa Pirovano, in via sant’Ambrogio.




La prima, sulla base dei dati raccolti dal Maggioni, è stata poi dipinta e realizzata da due decoratrici di Verderio, Beatrice Fumagalli e Gigliola Negri (1), sulla parete sud della “curt növa”, sull’orma di una meridiana preesistente, di cui non rimaneva praticamente traccia, ma di cui si conosceva l’esistenza grazie ad alcune cartoline d’inizio novecento.

 
Tracce della meridiana della "curt növa" in una cartolina che ha viaggiato nel 1902
 
 
Il recupero, avvenuto nel 2002 e caldeggiato in particolar modo, secondo il ricordo di Beatrice, da Angelo Picozzi, allora assessore ai lavori pubblici di Verderio Inferiore, rientrava nel progetto di rifacimento della facciata della “curt növa”e dell’intera piazza Annoni (2).

In casa Pirovano, una prima meridiana era stata realizzata nel 1995 da Maria Grazia Pirovano, che era convinta però che contenesse qualche errore. Nel 2003, approfittando dei lavori di ristrutturazione della casa e del fatto che un muratore, notando che lo gnomone era “storto”, aveva pensato bene, per fare un piacere, di raddrizzarlo, Maria Grazia, si rivolse a Maggioni chiedendogli di progettarne una nuova.




Di lui sapeva che aveva costruito la meridiana posata a terra, nel parcheggio di fronte all’oratorio di Cernusco Lombardone. A calcoli fatti, Maria Grazia l’ha poi dipinta e realizzata.
 

Non pretendevo di uscire dal colloquio con Maggioni in grado di progettare una meridiana, ma di capirci qualcosa in più sì, almeno per potervi dare un’idea di come si fa. Ho invece imparato che … per imparare non basta il racconto di un esperto: o lo si segue passo, passo nella la sua opera o, come lui ha fatto, bisogna leggere dei buoni libri, studiare e sperimentare.

Non posso far altro, quindi, che cercare di presentarvi, a grandi linee, quali sono i principali dati di cui si deve tener conto e i problemi da risolvere.
Per prima cosa bisogna conoscere l’esatta posizione del luogo in cui si opera, ossia la sua latitudine e la sua longitudine. Da questi dati è possibile risalire al “mezzogiorno locale”, che differisce da quello degli orologi che usiamo che indicano il mezzogiorno “ufficiale” del fuso orario in cui siamo.
 

I dati di Cernusco Lombardone, in una lapide che fa parte dell'orologio solare nei pressi dell'oratorio. Nella terza riga l'ora locale data dalla somma dell'ora ufficiale (TMEC = Tempo Medio Europa Centrale) più 22 minuti e 24 secondi.
Con questi dati il signor Maggioni può compiere una prima importante rilevazione: l’esatto orientamento della parete, di quanto cioè essa “declina” verso est o verso ovest, rispetto all’ideale esposizione a sud.

Lo fa con uno strumento semplice, che si è costruito da solo: una tavoletta di legno con un gancio per poterla appendere; sulla tavoletta è fissato un foglio bianco su cui sono disegnate due linee perpendicolari fra loro: una verticale, in centro al foglio, una orizzontale, poco sotto il lato superiore; nel punto d’incontro delle due linee è fissato un chiodo, abbastanza lungo, senza testa e in squadra rispetto al piano della tavoletta; sulla linea verticale, con un estremo nel punto dove è fissato il chiodo, è disegnato un segmento lungo come il chiodo stesso.

  



Per alcuni giorni Maggioni appende al muro la tavoletta (3) e, nell’esatto momento del mezzogiorno locale, ricavabile da calcoli abbastanza complessi (4), segna il punto dove cade l'ombra del chiodo sul foglio di carta. Se la parete fosse perfettamente esposta a sud, i punti cadrebbero sulla linea già tracciata; se declinasse verso est, cadrebbero su una linea più spostata a destra; viceversa se il muro declinasse verso ovest.
Dopo questa misura preliminare per stabilire l'angolo di declinazione del muro, Maggioni si arma di matita, squadre e compasso e su un grande foglio bianco , con una procedura che non tento neanche di descrivervi (5), traccia la sua meridiana.





 La meridiana che risulta da questo procedimento è uno strumento piuttosto preciso, che permette di rilevare le varie ore della giornata e che è in grado di tener conto anche delle variazioni stagionali.
Non sempre, in passato, erano richieste tali prestazioni. Nei conventi, ad esempio, alla meridiana si chiedeva soltanto di indicare i quattro momenti della preghiera quotidiana: l'ora prima, le sei; l'ora terza, le nove; l'ora sesta, le dodici; l'ora nona, le quindici.
Anche per i contadini non era necessario conoscere l'ora precisa della giornata. Era sufficiente sapere su quante ore di luce potessero ancora contare per il lavoro nel campo o quando fosse giunto il momento che qualcuno tornasse a casa per mettere sul fuoco l'acqua della polenta. Per questo, tra l'altro, Maggioni ricorda di aver sentito dire che non era necessaria una vera e propria meridiana: bastava l'indicazione dell'ombra proiettata da un qualsiasi chiodo infisso nel muro del cascinotto.

 
Ovviamente, la prima meridiana Maggioni l'ha realizzata per la sua casa. Non è però quella che c'è ancora oggi, poiché l'originale il vento se l'è portata via e lui, che intanto aveva fatto un po' di esperienza, l'ha sostituita con una più precisa.

 
La meridiana di casa Maggioni


Altre sono sparse per vari paesi della Brianza. A Cernusco Lombardone, il suo paese, oltre a quella di casa sua, ce n'è una sulla chiesetta di San Dionigi, 

 
La chiesetta di San Dionigi a Cernusco Lombardone e la sua meridiana





una in una casa privata e una sul campanile della chiesa parrocchiale.

Il campanile della parrocchiale di Ceernusco Lombardone e la sua meridiana



Di genere diverso, perché posata a terra, è la meridiana che ha realizzato nel parcheggio di fronte all'oratorio. 




Una particolarità di questo orologio solare è che a fungere da gnomone è la stessa persona che vuole leggere l'ora, che, a seconda del giorno e del mese in cui vuole effettuare la lettura, deve occupare una determinata posizione.

Giuseppe Maggioni, gnomone della sua meridiana, nel giorno della sua inaugurazione
Un fascino particolare hanno i modellini, perfettamente funzionanti, che Giuseppe Maggioni ha costruito in legno, materiale che da sempre lavora, soprattutto con il traforo.

Eccone alcuni:

Il modello della meridiana dell'oratorio di Cernusco
Una meridiana portatile, calcolata per Cernusco Lombardone
Una meridiana portatile detta "del pastore"





Marco Bartesaghi


NOTE
(1) Sulla loro attività di decoratrici, leggi, su questo blog, l’articolo al seguente indirizzo: http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2014/09/beatrice-fumagalli-e-gigliola-negri_13.html
(2) Una targa riccorda le associazioni e le ditte che hanno contribuito ala realizzazione della facciata: Associazione Alpini, Associazione “Il Glicine”, Coop. Circolo Famigliare, Del Curto S.r.l, Impresa Edile Azzurri Case, SCS Static Controlo System SpA, Tecno Robot SnC, Studio d'Architettura Redaelli.
(3) Meglio se nell’esatta posizione dove dovrà essere disegnata la meridiana. Se lo si fa invece dove è più comodo, cioè ad altezza uomo, ci potrà essere un’imprecisione dovuta alla non perfetta verticalità del muro
(4) Se su internet cercate a questo indirizzo: http://www.comuni-italiani.it/soleluna/comune/097091, troverete latitudine e longitudine di Verderio e anche, per alcuni giorni, l'esatto mezzogiorno locale, corrispondente all'orario di “culmine” del solo.
(5)  Maggioni possiede diversi libri sull'argomento. Uno di questi è: MERIDIANE, tecniche di lettura, progettazione e costruzione, Enrico Del Favero, 1999, ed. De Vecchi.


* Questa la cartolina di piazza Annoni, citata nel testo:




 

UNA CALENDARIO ALLARGATO di Marco Bartesaghi

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L’1 gennaio inizia il nuovo anno, il 2016. In ogni casa si inaugura il nuovo calendario, dove l’anno è suddiviso in mesi e i mesi in settimane, ognuna delle quali finisce con un giorno festivo la domenica.
Oltre alle domeniche, in Italia ci sono altri giorni di festa, alcuni legati a ricorrenze nazionali e laiche – 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno – altri a momenti significativi della religione cattolica – 6 gennaio, lunedì di Pasqua, 15 agosto, 1 novembre, 8 dicembre, 25 e 26 dicembre. L’1 gennaio, Capodanno, penso possa essere considerata una festa sia civile che religiosa.
A parte le festività, sia laiche che religiose, che cambiano di paese in paese, questo calendario, detto Gregoriano dal nome del papa, Gregorio XIII che lo introdusse, è adottato a scopi civili in quasi tutto il mondo. Questo fatto ci può indurre a pensare, erroneamente, che sia l’unico calendario possibile e magari l’unico esistito in tutta la storia dell’uomo. Non è vero, anzi la sua storia è relativamente recente, poiché risale al 1582 e solo pian piano si è diffuso ovunque.
Uno dei calendari che l’ha preceduto, e da cui il gregoriano è scaturito, era quello introdotto da Giulio Cesare nel 46 a. c. e conosciuto come calendario giuliano. Ad esso fa ancora riferimento la Chiesa Ortodossa di molti paesi ed è per questo che le date delle festività di queste chiese non coincidono con quelle cattoliche.
A propri calendari fanno anche riferimento le altre religioni monoteistiche, la religione ebraica e quella islamica.
Le differenze più evidenti sono nel punto di partenza e nel metodo di calcolo della suddivisione dell’anno. Il calendario Gregoriano ha come riferimento iniziale la nascita di Cristo, quello ebraico la creazione del mondo secondo le indicazioni della Bibbia e quello islamico l’Egira, il trasferimento cioè di Maometto e di alcuni suoi seguaci da Mecca a Medina. Oggi entriamo quindi nel 2016 per il calendario Gregoriano, siamo nel 5776 per quello ebraico e nel 1437 per quello islamico.
Diverse, come accennato, le modalità per calcolare la suddivisione dell’anno: quello gregoriano si basa sull’anno solare, e quindi sul ciclo delle stagioni; quello ebraico è calcolato sia su base solare che su base lunare; quello islamico solo su base lunare.



Le feste di cui sopra si è parlato, sia religiose che laiche, sono quelle ufficiali dello stato italiano: sono i giorni festivi nazionali.
Sia per lo stato italiano che per la chiesa cattolica, oltre a quelle elencate, ci sono altre giornate significative, che meritano una particolare attenzione, pur non essendo giornate “festive” nazionali.
Anche le religioni ebraica e islamica hanno feste, ricorrenze e giornate o periodi particolarmente importanti, che pure non assurgono a festività nazionale.
Non è facile, ma è possibile trovare calendari che oltre alle festività nazionali e alle giornate più significative per la religione cattolica, evidenziano anche quelle importanti  per le altre religioni. Uno, che conosco, è il calendario dell’AGESCI (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani).



Senza pretendere di essere esauriente e con lo scopo, ambizioso, di facilitare un pochino la convivenza reciproca fra abitanti di diversa provenienza e fede religiosa, ho pensato di presentare in modo sintetico le ricorrenze che nell'arco dell'anno, anche a Verderio tante famiglie festeggiano o celebrano 


LE FESTIVITÀ CIVILI
In Italia il primo giorno festivo”civile”, cade il 25 aprile. Perché?
Perché il 25 aprile 1945, in Alta Italia venne dato l'ordine dell'insurrezione contro il regime fascista e l'occupazione tedesca, che ancora opprimevano le regioni settentrionali del nostro paese.






Fucilazione a Roma (1944) - Disegno di Renato Guttuso








L'occupazione tedesca, iniziata nel settembre del 1943, era stata molto dura e aveva significato mitra spianati, perquisizioni, arresti e uccisioni di cittadini da parte dei soldati tedeschi e degli uomini delle Brigate Nere. Con la “Liberazione”, che si festeggia appunto il 25 aprile, gli italiani riconquistarono le libertà civili e la democrazia. Finalmente finiva anche l'incubo di 56 mesi di una guerra che è stata la più grande tragedia del '900.

***
Il 1° maggio è la “Festa dei lavoratori”, o del lavoro.
A lanciare l'idea di istituire una festa del lavoro è il congresso della “Seconda Internazionale” socialista, riunito a Parigi nel luglio del 1889. La data del primo maggio è una scelta simbolica: tre anni prima, nel 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago era stata repressa nel sangue.
In Italia la festa dei lavoratori, soppressa dal fascismo nel 1923, fu ripristinata dopo la liberazione.


***
Il 2 e il 3 giugno 1946 i cittadini italiani – per la prima volta le donne – furono chiamati al voto per scegliere, attraverso un referendum, se l'Italia dovesse essere una repubblica o una monarchia: la maggioranza degli elettori votò per la repubblica, che venne perciò proclamata dalla Corte di Cassazione il 10 giugno successivo.
È per questo motivo che, dal 1948, il 2 giugno di ogni anno si festeggia la “Festa della Repubblica”.

Primo Maggio - disegno di Renato Guttuso
***
Il 4 novembre si commemora la fine della prima guerra mondiale, l'ultima guerra combattuta con le logoranti giornate che i soldati trascorrevano nelle trincee, aspettando di andare all'assalto, sotto il fuoco delle artiglierie nemiche. In questa “inutile strage”, l'Italia, tra le potenze vincitrici, perse 651.000 soldati e 589.000 civili (1).
Dal 1977 il 4 novembre non è più una giornata festiva: la commemorazione della fine della guerra è posticipata alla domenica successiva a questa data, che viene considerata Festa delle forze Armate e dell'Unità Nazionale.  



***
“La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Così recita il primo articolo della legge che, nel luglio del 2000, ha istituito il Giorno della Memoria. Non è un giorno festivo, ma comunque un giorno importante per un paese come il nostro che ha mandato a morire nei campi di sterminio tedeschi più di 8500 suoi cittadini di origine e religione ebraica.


***
Un'altra legge – n.92, 30 marzo 2004 -ha istituito il “Giorno del Ricordo”.al fine di “ conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati”, fatti conseguenti all'istituzione del regime comunista jugoslavo, dopo la seconda guerra mondiale. La data prescelta per questa ricorrenza, che non è giorno festivo, è il 10 febbraio di ogni anno. (2).

LE FESTIVITÀ DELLA TRADIZIONE RELIGIOSA CATTOLICA
Alcune giornate particolarmente importanti per i credenti di fede cattolica sono anche, come già accennato, festività nazionali.
Partiamo dall’ultima dell’anno: il Natale. Cade il 25 dicembre e ricorda la nascita di Gesù di Nazareth, che sarebbe avvenuta, secondo la tradizione, 2016 anni fa. Su tutto il territorio nazionale, l'usanza più diffusa, legata a questa festa è quella del “presepio”. Una rappresentazione della nascita di Cristo, come narrata dai Vangeli, realizzata con statue di diversi materiali e dimensioni.


Il presepe di casa mia
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Il giorno dopo  Natale, il 26 dicembre, è ricordata la figura di Santo Stefano, il primo martire cristiano, lapidato a Gerusalemme nel 36 d.C. Il suo martirio è raccontato negli Atti degli Apostoli (At 6,8-12; 7, 54-60).

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L'1 gennaio, capodanno è giornata dedicata alla Pace.

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Il 6 Gennaio si celebra l’Epifania di Gesù, cioè la rivelazione al mondo della sua divinità. Nei Vangeli, l’Epifania avviene attraverso l'adorazione di Cristo da parte dei Magi.
Legata all'Epifania è la figura della “Befana”, una vecchia bruttina ma simpatica, che la notte fra il 5 e il 6 gennaio vola nel cielo su una scopa e, entrando nelle case attraverso i camini, porta dolcetti ai bimbi buoni e carbone a quelli cattivi.


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Nel giorno di Pasqua si celebra la Resurrezione di Cristo. La Pasqua non cade in una data fissa, ma essa viene stabilita di anno in anno e corrisponde alla prima domenica successiva al plenilunio di primavera.
La Pasqua è preceduta dalla Settimana Santa, che ha inizio la domenica prima, detta delle Palme, in cui si ricorda l'entrata di Gesù in Gerusalemme, salutato da uno sventolio di palme. Segue il Giovedì Santo, in cui si ricorda l'ultima cena di Gesù insieme agli apostoli, il Venerdì Santo, giorno della sua Passione e il Sabato Santo, in cui Gesù giace nel Sepolcro. Il Sabato termina la Quaresima, un periodo di quaranta giorni durante il quale ai fedeli viene richiesto un maggior impegno nella preghiera e l'accettazione di alcune forme di penitenza.
A sua volta la Quaresima è preceduta dal carnevale, una settimana di festa, in cui ci si veste in maschera e in cui dovrebbe valere il detto che “a carnevale ogni scherzo vale”.


Immagine pasquale donata alle famiglie dalla parrocchia di San Giuseppe e Floriano nel 1980
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Il “lunedì dell'Angelo”, detto più comunemente “pasquetta”, segue la domenica di Pasqua, e ricorda l'incontro dell'Angelo con le donne che si erano recate al Sepolcro di Cristo, trovandolo vuoto essendo egli risorto.

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Dal 1955 anche la chiesa festeggia il mondo del Lavoro, nella data del 1° maggio: da quella data infatti , questa giornata è dedicata a San Giuseppe artigiano.  


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Il 15 agosto, ferragosto, la chiesa cattolica celebra la festa dell'“Assunzione in cielo della Beata Vergine Maria”. È infatti considerato dogma di fede che, al termine della sua vita terrena, Maria, madre di Gesù sia stata trasferita in cielo, cioè assunta, sia nell'anima che nel corpo.

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L'1 novembre è una giornata di festa dedicata a tutti i santi. Il giorno seguente, non più festivo, è dedicato al ricordo dei defunti e, tradizionalmente, ci si reca al cimitero per portare dei fiori, accendere un lume e recitare una preghiera.

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L'8 dicembre è la festa dedicata all “Immacolata Concezione della Beata vergine Maria”. La chiesa cattolica in questa giornata celebra il fatto che Maria sarebbe stata immune dal peccato originale fin dal suo concepimento (3).

LE FESTIVITÀ DELLA TRADIZIONE RELIGIOSA ISLAMICA
 

Per parlare delle feste della tradizione islamica, è utile aver sott'occhio lo schema dei mesi del calendario islamico che, come ho già accennato, è calcolato sul ciclo lunare. Essendo l'anno lunare di 11 giorni più breve di quello solare, non c'è corrispondenza fra le stagioni e i mesi.

Il primo mese dell'anno è Moharam e, quindi, il primo giorno di questo mese è capodanno Nel 2015 è corrisposto al 15 ottobre del calendario Gregoriano.
La prima festa importante è in occasione del compleanno del Profeta Muhammad , il 12° del mese di Rabih Alaoual (dicembre, nel 2015).



Uno schema dei mesi del calendario islamico, compilato dal signor Cassoum Camara

Il 9° mese dell'anno è Ramadan, il mese dedicato al digiuno, il quarto pilastro dell'Islam. Durante questo periodo, uomini e donne puberi, dall'alba al tramonto si devono astenere dal cibo e dalle bevande (acqua compresa) e dai rapporti sessuali. Il Ramadan è anche un periodo di più intensa attività spirituale: maggior tempo deve essere dedicato alla preghiera e alla lettura o all'ascolto del Corano.
Il digiuno termina con il primo giorno del mese successivo, Chaoual, una giornata da festeggiare in famiglia e da onorare facendo l'elemosina: ogni famiglia , secondo il mio interlocutore senegalese, dà hai poveri il valore corrispondente al cibo consumato in una giornata dalla propria famiglia.


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Il 12° mese, Do Al Hija, è il mese del pellegrinaggio a Mecca, il quinto pilastro dell'Islam, che ogni musulmano ha l'obbligo di compiere, ma solo se i suoi mezzi glielo consentono. Il pellegrinaggio è un mezzo di purificazione: nel viaggio verso e attorno la casa di Dio l'uomo chiede perdono per i suoi peccati e viene purificato attraverso il suo pentimento e la celebrazione dei riti.  


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Nello stesso mese cade anche “la festa del sacrificio”, la festa grande, la più importante dell'Islam, insieme a quella della fine del Ramadan. Si ricorda il sacrificio che Abramo era pronto a compiere, immolando ad Allah il suo figlio Ismaele. Fermato da Allah stesso, che non esige sacrifici umani, Abramo immolò allora un montone. Per ricordare questo fatto, durante la festa, chi se lo può permettere deve immolare un montone (o un altro caprino o un ovino o un bovino o un camelide) per poi consumarlo in famiglia e donarne una parte ai più bisognosi della comunità (4).


LE FESTIVITÀ DELLA TRADIZIONE RELIGIOSA EBRAICA

L'anno ebraico è scandito dalle sue feste che rappresentano l'opportunità data all'uomo di interrompere la ripetitività del lavoro quotidiano per percepire più sensibilmente la presenza divina. Le feste sono “appuntamenti dati dal creatore a Israele”.




Prima e più importante di tutte le feste, su cui sono modellate tutte le altre, è lo Shabbath, il Sabato, il riposo settimanale, “simbolo di libertà e dignità umana e giorno di rinascita spirituale, è uno degli elementi fondamentali dell'eredità che Israele ha trasmesso all'umanità”.
La giornata per gli ebrei inizia la sera, dopo il tramonto del sole. Lo Shabbath inizia quindi il venerdì sera. Prima dell'inizio, solitamente da una donna sposata, vengono accese le candele. La famiglia si ritrova per il pranzo solenne, che viene aperto dal “Kiddùsh”, la “santificazione, che viene fatta con il vino e dalla benedizione dei pani. Il pranzo dura fino a tarda sera fra canti e discussioni.
La giornata del sabato procede fra preghiera, studio e un altro pranzo in famiglia.



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Il Capodanno ebraico, Rosh Hashanà, anniversario della creazione del mondo, viene celebrato nei primi due giorni del  mese di Tishrì (verso la metà di settembre). In questo giorno Dio apre il “libro della vita e della morte” per scrivervi tutti gli atti che l'individuo ha compiuto durante l'anno.
Durante il rito pubblico, un uomo pio e studioso della Torà, suona lo shofar, il corno di un montone per ricordare l'esempio di come, Abramo e di Isacco, erano stati pronti al sacrificio.



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Al capodanno seguono dieci giorni di penitenza che culminano nel giorno di Kippur “giorno di espiazione e di perdono consacrato esclusivamente alla preghiera e alla penitenza” che “permette all'uomo di liberarsi dai suoi peccati e rigenerarsi”.
In questa giornata, per gli adulti, obbligatorio è il digiuno, con l'astensione, per 25 ore dal mangiare e dal bere.



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Ai giorni di espiazione, culminati in Kippur, fanno seguito i giorni della gioia, i sette giorni della festa di Sukkoth, la “festa delle capanne”, che ricorda la “protezione miracolosa accordata da Dio a Israele durante il cammino nel deserto”.
Per questa festa gli ebrei costruiscono, fuori dalle loro case, la capanna, sukka, nella quale dormono per i sette giorni della sua durata.



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Chanukkàh è la festa delle luci, che commemora un miracolo legato a un fatto storico: la cacciata dalla Palestina dei greco-siriani, che volevano proibire lo studio della Torà e imporre l'idolatria. Dopo la riconquista di Gerusalemme e la purificazione del tempio bisognava riaccendere i lumi del candelabro, ma non fu trovata che una sola ampolla di olio che, sarebbe durata un solo giorno. Essa invece, miracolosamente, tenne acceso il candelabro per gli otto giorni necessari a produrre nuovo olio.
Il candelabro di Chanukkàh ha otto bracci. Durante gli otto giorni della festa, nelle famiglie ebraiche, ogni giorno viene acceso un lume.



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Purim è una festa istituita per ricordare che quando il re dei persiani Assuero, nel 5° secolo a. C., istigato dal suo perfido consigliere Haman, decise di sterminare gli ebrei, l'intervento di sua moglie, l'ebrea Ester, lo dissuase dal suo intento, e il popolo ebraico fu salvo.
Purim è una festa carnevalesca: si canta, si balla, si recitano commedie, ci si maschera e si … beve, anche esageratamente.



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Pesach, la Pasqua ebraica, è la festa della liberazione dalla schiavitù in Egitto, “epoca della formazione di Israele in quanto popolo”. Centro di questa festa è la cena di Seder, ritmata dalla lettura dell'Haggadàh, racconto dell'uscita dall'Egitto.



Haggadàh di Pesach, edizione Giuntina, illustrata da Emanuele Luzzati
Al centro del Seder è il piatto rituale con gli alimenti simbolici: tre azzime (pane non lievitato) per ricordare che gli ebrei in fuga non ebbero tempo per far lievitare il pane; uno zampino di agnello in ricordo dell'agnello pasquale; le erbe amare e un recipiente con aceto o acqua salata, in memoria dell'amarezza e dell'asprezza con cui gli ebrei furono trattati in Egitto; un impasto di vari frutti per ricordare la malta con cui si costruivano i mattoni durante la schiavitù; un uovo come cibo di lutto per la distruzione del Tempio di Gerusalemme.


Illustrazione di Emanuele Luzzati, tratta dall'Haggadàh edito da Giuntina
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Shavuòth è la festa che ricorda il giorno in cui gli ebrei ricevettero, sul monte Sinai, la Torà. Questo avvenne dopo 50 giorni dall'uscita dall'Egitto, per questo la data della festa cade sette settimane dopo Pesach (5).

Marco Bartesaghi

NOTE
(1)https://it.wikipedia.org/wiki/Conteggio_delle_vittime_della_prima_guerra_mondiale
(2) Mi ha aiutato, nella stesura di questa parte dell'articolo, la signora Carla Deambrogi Carta, che ringrazio.
(3) Per questo capitolo dedicato alle festività cattoliche, sono stato aiutato dalla signora Attilia Pirovano, che ringrazio.
(4) Mi ha aiutato per questa parte di articolo, il signor Cassoum Camara. A lui si deve anche lo schema dei mesi del calendario islamico. Lo ringrazio.
(5) Per le feste ebraiche ho fatto riferimento ai seguenti libri: L'ebraismo nella vita quotidiana, Ernest Gugheneim, ed. Giuntina (nel testo, le frasi fra virgolette sono tratte direttamente da questo libro); L'ebraismo per principianti, Charles Szlakmann, ed. Giuntina; Haggadàh di Pesach, illustrata da Emanuele Luzzati, ed. Giuntina.






RIFLESSI D'AUTUNNO NEL TORRENTE CURONE di Marco Bartesaghi

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Alcune immagini riprese al parco del Curone l'1 novembre scorso. La musica, scaricata da You Tube è di Maurizio Colonna.
Per vedere il video a schermo intero cliccate  su You Tube. M.B.


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A tutti voi auguro 
un
felice 2016

IMMAGINE: Natività dipinta dal verederiese Dario Tamiazzo

BINARIO 21: IL MEMORIALE DELLA SHOAH di Carla Deambrogi Carta

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A Milano sono state 774 le persone strappate alle loro case, private di ogni avere, chiuse all'interno di vagoni costruiti per il trasporto di cavalli e spedite nei campi di concentramento: in memoria di quanti non sono più tornati e dei soli 27 milanesi sopravvissuti alla deportazione è nato il Memoriale della Shoah.
Lo spazio sotterraneo al binario 21 della Stazione Centrale di Milano (faraonica costruzione inaugurata nel 1931) era nato per la movimentazione della posta dal vicino deposito di via Ferrante Aporti.
I vagoni venivano riempiti e trasferiti con un elevatore ai piani superiori. Qui, raggiunti i binari di partenza, venivano agganciati ai treni per le diverse destinazioni.
Questo stesso metodo venne usato, dal 6 dicembre 1943 al gennaio 1945, pere caricare, lontano da occhi indiscreti, donne, uomini, bambini, soprattutto ebrei, discriminati dalle leggi razziali del 1938.
Il trasferimento avveniva di notte, con grande concitazione. I superstiti raccontano che i prigionieri venivano scaricati brutalmente dai camion in questo luogo sotterraneo che nessuno riconosceva come appartenente alla stazione.
Era inutile chiedere: nessuna informazione veniva data sulla destinazione (chi partiva da Milano era destinato soprattutto ad Auschwitz-Birkenau, ma anche a Bergen-Belsen, o ai campi italiani di Fossoli e Bolzano) né tanto meno sul futuro che li attendeva.






 

In condizioni disumane, senza cibo né acqua, il viaggio per Auschwitz durava una settimana.
La stazione monumentale di Milano, così come il grande Palazzo delle Poste, sono rimasti al loro posto. E anche lo spazio sotterraneo del binario 21 è rimasto intatto.
E proprio qui, il 23 gennaio 2013 è stato inaugurato il Memoriale della Shoa, dopo molti anni di preparazione.
Oltre che fortemente simbolico, il binario 21 è un luogo unico: è il solo adibito alla raccolta e alla partenza dei deportati rimasto intatto in tutta Europa.
All'ingresso ci accoglie il Muro dell'Indifferenza: la parola “indifferenza” è scolpita nel cemento. Perché questa parola? Perché quanti , a Milano, erano a conoscenza di quanto avveniva in questo luogo, scelsero di non intervenire.
Nel grande salone adiacente, immagini dell'Istituto Luce, illustrano la vita della stazione centrale negli anni quaranta. Poco distanti sono installati decine di cartelli che raccontano le leggi razziali e le vicende personali di tanti deportati. I testimoni ancora vivi parlano attraverso un lungo video proiettato su una parete. Vi sono anche quattro vagoni originali di un treno merci degli anni '40: nello spazio progettato per 8 cavalli venivano caricate anche 80m persone .
C'è poi il Muro dei Nomi: sullo sfondo nero sono proiettati i nomi di tutti coloro che partirono su quei treni. Di fronte è stta inserita una serie di targhe che commemorano tutti i vagoni partiti dalla Stazione Centrale, con la data e la destinazione.

Carla Deambrogi Carta






Puoi leggere gli altri articoli scritti dalla signora Carla per questo blog, cercando sotto l'etichetta a lei intestata, o cliccando su questo indirizzo:


 


EBREI INTERNATI A MISSAGLIA di Anselmo Brambilla e Enzo Giubilo

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Gli ebrei stranieri internati in Italia dal giugno 1940 al settembre 1943 furono molte migliaia. Un dramma per queste persone, raccolte in località remote della Penisola, strappate dal loro contesto culturale, sociale, economico, fluttuanti ormai da parecchi anni in un’Europa resa letale dal progetto nazista di sterminio (1) 
In base alle leggi razziali gli ebrei, oltre alle aberranti limitazioni dei diritti fondamentali di lavoro e di studio, subirono anche la deportazione interna (2) . Tra i vari comuni italiani scelti come luogo di internamento , nella provincia di Como , fra gli altri (3) vi fu anche Missaglia. 
In Missaglia rimase  al confino, in modo relativamente tranquillo dal giorno 25 agosto 1940 fino alla resa dell’Italia agli alleati l’8 settembre 1943, la famiglia dei Frankel composta da cinque persone, alla quale si aggiunse in data successiva la coppia Meyerhof Siegfried Fritz e Betty Branuschweig.
Questi sette ebrei erano originari della  Germania ma da anni erano residenti in Italia e cittadini italian. In base alle leggi razziali,  gli era però stata revocata la cittadinanza e,  da un giorno all’altro, si erano trovati trasformati in apolidi (4). 
A loro si aggiunge il 30 aprile del 1942 un’altra famiglia di ebrei, quella degli Stern, cittadini jugoslavi. Il 2 aprile 1942 erano stati arrestati dagli italiani a Lubiana e inviati verso l’internamento di Missaglia. Con l’arrivo dei cinque Stern il numero degli ebrei internati in Missaglia, almeno fino alla partenza di Ruben Stern per Sestola, sale a 12 persone. Cinque la famiglia di Arthur Frankel e cognate Moses , cinque Stern e Levi , e due  i coniugi  Meyerhof .
Come abbiamo detto, la vita per gli internati si svolse in maniera abbastanza normale, a parte le aberranti misure di sicurezza alle quali erano sottoposti, fino all’8 settembre. In seguito, con la resa dell’Italia agli alleati e la successiva occupazione del paese da parte dei nazisti, le cose peggiorarono drasticamente, fino al loro arresto avvenuto verso la fine di ottobre 1943 e alla successiva deportazione nei campi di sterminio in Germania.


NOTA SULLA PROVINCIA DI COMO

Prima fra tutte le provincia della neonata RSI  , la provincia di Como impose il 19 ottobre 1943,  una prima misura locale per la confisca di beni agli ebrei. Il capo della provincia ordinò agli istituti di credito della provincia di comunicargli “entro 24 ore” l’ammontare dei depositi di qualsiasi tipo intestati a “cittadini di razza ebraica”, e di porre un limite giornaliero di trenta lire ai prelievi su di essi (5). La disposizione, come tutte quelle locali e nazionali successive, venne attuata utilizzando gli elenchi delle persone “di razza ebraica” forniti dalla questura (in questo caso) o altri uffici statali (6).




LA FAMIGLIA FRANKEL
 

        Frankel Arthur di Jakob e Zerlina Weingarten, nato a Francoforte sul Meno il 18 gennaio 1884, in Italia dal 1912 , era un facoltoso commerciante conciatore di pelli. Viveva in Milano, dove possedeva un’abitazione,  in via Bianca Maria n° 18, e un laboratorio per la lavorazione delle pellicce, in via Santo Spirito n°14.
Privato, in base alle leggi razziali, della cittadinanza italiana che aveva avuto nel 1932 e non potendo più esercitare la sua professione, era stato internato in un primo tempo al campo Ferramonti di Tarsia (Cosenza), dove è segnalato come presente il 19 luglio 1940.
Successivamente si trasferisce, o è trasferito , a Missaglia dove è registrata la sua presenza come residente con permesso di soggiorno rinnovabile dal 25 agosto 1940 . Al Frankel si uniranno poi  la moglie Clara Moses e la figlia Marguerite nata a Milano nel 1937.

Ai coniugi Frankel si aggiungeranno in data successiva anche due sorelle nubili di Clara, Frieda e  Hedwige Moses, ancora in possesso di nazionalità tedesca.
Arthur viene arrestato, sempre a Missaglia, il 30 ottobre 1943 e portato a San Vittore. Successivamente, il 30 gennaio 1944, è deportato ad Auschwitz dove arriva il 6 febbraio 1944. Viene ucciso lo stesso giorno di arrivo nel campo.
       Moses Clara di Jakob e Lina (Johanna) Calm nata 8 agosto 1894 a Schwerte sul Meno, casalinga, moglie di Arthur Frankel , ebrea tedesca già di nazionalità italiana.
      
Franke Marguerite l di Arthur e Moses Clara, nata a Milano nel 1937
       Moses Frieda di Jakob e Johanna Calm nata a Schwerte sul Meno il 21 settembre 1881, casalinga, nubile, passaporto tedesco n°259/38 . Prima di arrivare a Missaglia era stata internata ad Avellino dove è registrata la sua presenza  con le sorelle Hedwige e Clara il 19 luglio 1940. 
      Moses Hedwige di Jakob e Johanna Calm nata a Schwerte sul Meno il 16 dicembre 1884, casalinga, nubile, passaporto tedesco n°360/38 rilasciato in Germania il 18 luglio 1938.
Presumibilmente arrestate anche loro a Missaglia il 30 ottobre 1943 vengono detenute fino al 30 gennaio 1943 a San Vittore,  quando assieme al cognato Frankel Arthur e alla nipotina Marguerite , vengono inviate ad Auschiwtz e uccise all’arrivo il  6 febbraio 1944.
Anche se non abbiamo trovato documenti in tale senso, questa sorte è quasi certa per le due sorelle Frieda ed Hedwige mentre per Clara non esistono prove della sua morte ad Auschwitz anche se sicuramente è stata trucidata con i suoi congiunti.
Lo stesso dicasi per la piccola Marguerite figlia di Frankel e Clara , non si sa come e dove sia finita anche se, secondo alcune testimonianze, probabilmente è partita da Milano con lo stesso treno e a seguito la sorte dei genitori e delle zie.



 
Le schede relative a Margherita Frankel (sopra) e a Clara Moses, contenute ne'"IL LIBRO DELLA MEMORIA", di Liliana Picciotto Fargion. Il testo di Brambilla e Giubilo non tiene conto di quanto affermato nel Libro della Memoria, poiché si basa sui documenti ritracciati a Missaglia e all'Archivio di Como.





RICERCHE E IPOTESI SULLA MORTE DI CLARA MOSES IN FRANKEL

Alla fine della guerra un fratello superstite della famiglia, Moses Bernard cercò in tutti i modi di rintracciare la sorella Clara o quantomeno di riuscire a scoprire come e dove era scomparsa.
Dal Jewish Refugees Committees di Londra il 10 marzo 1947 invia una lettera al sindaco di Missaglia al fine di avere notizie sulla sorte della sorella e del marito, e inoltre di verificare se lasciarono nel paese: documenti, valori o altro.
Il sindaco di Missaglia risponde, il 22 marzo 1947, che la signora Moses Clara arrivata da Milano con altri parenti in paese il 25 agosto 1940 aveva preso alloggio presso la casa della famiglia Marzorati Donna Carla in Perea.
Nell’ottobre 1943 Moses Clara sparisce dal paese e (pare) si sia diretta verso la Svizzera dove viene presa, prima di passare il confine, dai tedeschi e fucilata sul posto insieme a dei parenti.



  

In paese la famiglia Frankel ha lasciato , mobili (7) e indumenti.  Di tali mobili e indumenti una parte fu prelevata dai Tedeschi e dalle Brigate Nere , ma una parte esiste ancora ed è depositata presso i signori: Donna Carla Marzorati, Maria Valcamonica in Paladini, Giovanna Viganò vedova Perego e Primo Corneo.
Il valore di quanto è depositato in paese si aggira sulle 200.000 mila lire.
Da una dichiarazione della signora Antonietta Valcamonica Paladini data in Missaglia del 17 marzo 1947, relativa ad una parte dei beni lasciati dalla famiglia Frankel in paese, si evince quanto segue:
1 Pelliccia uomo (usata)
1 Pelliccia signora (usata)
1 Volpe – pelli di agnellino
1 Macchina da scrivere
1 Binocolo
1 Orologio d’oro da umo con catena
Piccoli oggetti oreficeria fantasia
Posate d’argento
Indumenti usati e biancheria personale e da letto
Consegnati dal signor Frankel Arturo alla Signora Clara Valcamonica ora defunta, passati poi alla signora Maria Volpi Valcamonica pure defunta e ora in mie mani. Antonietta Valcamonica Paladini.
Primo Corneo, dichiara che i Frankel gli lasciarono in deposito una pelliccia usata, tre volpi per collo ordinarie, vari ritagli di pelli da scarto di coniglio o gatto, e un quadro
Ad una ulteriore richiesta , questa volta da parte della Questura di Como, del 23 giugno 1947 relativa alla permanenza o meno in paese della Moses Clara, il sindaco di Missaglia risponde che la persona in oggetto è stata prelevata verso la fine ottobre 1943 dai tedeschi.
E che in paese si dice ( da voci non controllate) che la stessa è stata fucilata in una zona prossima alla Svizzera dove aveva tentato di fuggire.  Il sindaco darà la stessa risposta anche alla richiesta della Questura relativa alla sorte della Moses Frieda e di Hedwige, sorelle di Clara. Praticamente non sapeva nulla di quanto era successo alle tre sorelle.  
Un appunto sempre del sindaco su un documento addirittura la indica come fuggita, alla fine ottobre 1943, per ignota destinazione.
 

LA FAMIGLIA MEYERHOF

A Missaglia dal 9 giugno 1941 erano presenti come internati arrivati da Milano, dove abitavano in via Juana,  la coppia di nazionalità apolide (8), composta da:
         Meyerhof Siegfried Fritz del fu David e della fu Frederike Wertheim , commerciante,   nato a Kassel il 30 luglio 1873,
        
Branuschweig Betty  figlia di fu Giulio e fu Branuschweig Franzisca nata a Bad Homburg il 5 ottobre 1891, di razza e religione ebraica , professione casalinga coniugata con Meyerhof Siegfried Fritz.
Lui era titolare del permesso di soggiorno n°1236, la moglie del permesso n° 1237: entrambi i permessi erano stati  rilasciati dal comune di Milano Del passaggio in Missaglia di questa coppia poco si è trovato: si sa però che era ancora presente in paese il 6 aprile 1943.
Unico riferimento trovato di questa coppia, la richiesta alla questura di Como del lasciapassare di otto giorni, con inizio il giorno 28 luglio 1943, per andare a Castiglione dello Stiviere in provincia di Mantova in visita a parenti. La riconsegna del lasciapassare porta la data del giorno 11 agosto 1943.  Della coppia Meyerhof non si è più trovato altr. E’ Probabile che abbia seguito la stessa sorte dei Frankel e sia stata deportata in Germania.



LA FAMIGLIA STERN
 

A queste due famiglie si aggiunge tra il 29 e il 30 aprile 1942 la famiglia Stern, ebrei jugoslavi arrestati dagli italiani a Lubiana nel mese di marzo del 1942, deportati in Italia e internati a Missaglia ufficialmente dal 10 giugno 1942. Questa famiglia era composta al loro arrivo da 5 persone.
         Stern Teresa fu Mauro (Marco) e Rosemberg Rosa vedova di Isidoro , nata a Zagabria (Croazia) il 14 agosto 1891, professione casalinga. Permesso di soggiorno n° 1 rilasciato dal comune di Missaglia Passaporto italiano n° 1086/10029  rilasciato a Spalato (9) il  19 luglio 1929.
         
 
          Stern Enrico fu Isidoro e di Teresa Stern nato a Zagabria  (Croazia) il 21 novembre 1918 , gemello di Egon, vedovo, di professione calzolaio. Permesso di soggiorno n° 2 rilasciato dal comune di Missaglia. Carta di identità italiana rilasciata a Lubiana il  7 marzo 1942 al momento del suo arresto da parte degli italiani.
          

           Lowi (Levi) Flora(10) fu Leon e fu Frida Albodari, nata a Sanski Most (Bosnia) il 18 dicembre 1920 , moglie di Egon di professione sarta. Permesso di soggiorno n° 3 rilasciato dal comune di Missaglia Passaporto n° 1519461 rilasciato a Karlovac il  4 febbraio 1942.

          
Stern Egon  di fu Isidoro e Stern Teresa,  nato a Zagabria (Croazia) il 21 novembre 1918 di professione meccanico. Carta di identità italiana n° 023764 rilasciata a Lubiana il  7 marzo 1942 al momento del suo arresto da parte degli italiani.
Permesso di soggiorno n° 4 rilasciato dal comune di Missaglia. Secondo Anna Pizzuti (11) prima di arrivare a Missaglia Egon Stern fu internato a Campagna in provincia di Salerno il 19 settembre 1942. Inoltre da per probabile una sua, e della sua famiglia, fuga in Svizzera dopo il 29 ottobre 1943.
 

            Ruben Stern (12), di Hinko e … nato il 20 maggio 1923 a Zagabria, probabilmente figlio di un altro fratello. Studente. Permesso di soggiorno n° 5 rilasciato dal comune di Missaglia. Carta di identità italiana n° 023755 rilasciata a Lubiana il  7 marzo 1942 al momento del suo arresto da parte degli italiani.
Il 3 settembre 1942 Ruben Stern (13)  viene trasferito, a sue spese, da Missaglia a Sestola provincia di Modena dove era già internato suo fratello Stern Marco nato a Zagrabia , Jugoslavia il giorno 3 agosto 1929. Marco era stato arrestato a Fiume nel 1941 e  internato  a Sestola (Mo) il 12 giugno 1942. Mentre Ruben scompare il fratello Marco è ancora presente a Monfestino in Serramazzoni sempre in Modena  il 15 marzo 1943.
Il gruppo di ebrei proviene da Karlovac dove risiedevano prima di essere privati della cittadinanza jugoslava e arrestati dagli italiani.
Dalla questura di Lubiana si comunica alla questura di Como e da questa al podestà di Missaglia che le condizioni della famiglia sono di estrema povertà e si chiede di attivarsi per dare loro un sussidio, si trattava di lire 8 giornaliere a persona e di una indennità di alloggio di 50 lire mensili a famiglia, come stabilito dalle leggi (14), che  consentiva loro si sopravvivere stentatamente.
Il podestà Giulio Sirtori predispone tutto per il loro arrivo e per concedere il richiesto sussidio (15) e lo conferma con lettera alla questura. Come alloggio vennero sistemati in una casa di proprietà del Podestà Giulio Sirtori, e per contribuire al loro sostentamento gli uomini vennero impiegati come manovali nelle ditte , Sesana e Valagussa (16) e altre, mentre Flora Lowi  lavorava come sarta per diverse famiglie del paese. 



Lettera di Flora, moglir di Egon Stern, al Questore di Como per chiedere che il fratello Hinko Levi , internato in provincia di Vicenza, possa essere trasferito con la famiglia a Missaglia

Richiesta di attestazione di internato di Egon , Erik e Flora Stern
I componenti della famiglia Stern probabilmente (17) riuscirono ad fuggire in Svizzera prima di essere arrestati e deportati dai tedeschi . A supporto di questa ipotesi abbiamo il fatto che uno di loro , Erik (Enrico) Stern ,  il 21 aprile 1955 invia una richiesta di attestazione del periodo di internamento  al comune e il 5 maggio 1955 si presenta personalmente al municipio di Missaglia per chiedere il certificato di internato in paese: 29 aprile 1942 – 4 novembre 1943, da usare  come prova per chiedere la pensione.
Chiede altresì lo stesso certificato anche per il fratello  Egon e sua moglie Flora, ciò indica che sopravvissero, non sappiamo come se non con la fuga in Svizzera, alla deportazione e tornarono a vivere in Jugoslavia. Come attesta il sindaco di Missaglia il 9 maggio 1955, che Erik Stern aveva certificato la sua identità con un passaporto Jugoslavo, è presumibile che risiedeva in quel paese.
Giulio Sirtori (18) certifica che le persone in questione svolsero effettivamente periodi di lavoro in alcune aziende della zona: Egon e Erik come manovali nella Sesana e nella Valagussa , mentre Flora lavorava come sarta a domicilio, cucendo pastrani e altri tipi di vestito.
Non avendo l’obbligo del lavoro gli ebrei internati potevano lavorare solo se trovavano qualcuno disposto a far fare loro qualcosa saltuariamente, altrimenti potevano vivere solo ed esclusivamente del poco sussidio che il governo passava.
Il 30 aprile 1955 la questura di Como interpellata da sindaco dichiara che i tre richiedenti non dimoravano in Missaglia per motivi di lavoro e quindi di non rilasciare loro nessuna attestazione.
La cosa comunque non finisce lì in quanto il 26 luglio 1961 da Roma viene inviata al sindaco di Missaglia , da parte della dottoressa Luciana Corvini direttore del servizio sociale internazionale della Croce Rossa, la richiesta di verificare se negli archivi comunali esiste un carteggio riguardante la permanenza sul territorio del paese in qualità di internato del  cittadino jugoslavo Egon Stern e di alcuni suoi familiari, con preghiera di inviarne duplice copia al suo ufficio.
L'internamento viene confermato anche dal Maresciallo Angelo Roma della locale stazione dei carabinieri, la richiesta riveste carattere di urgenza vista anche la situazione di reciprocità con la Jugoslavia al fine di risolvere situazioni analoghe per nostri connazionali rimasti in quelle terre.
Come sia terminata la diatriba e se Egon Stern e i suoi siano riusciti a far valere i loro diritti e riscuotere le pensioni non lo sappiamo. 
Quindi gli Stern, a parte Teresa e il giovane Ruben (del quale si hanno poche notizie) deportati o fuggiti riuscirono a ritornare, come e in che modo si salvarono non è da noi purtroppo conosciuto.



Questo albergo era di proprietà del Podestà di Missaglia Sirtori Giulio in questo albergo alloggiava la famiglia di internati ebrei jugoslavi di Tersa Stern figli e nipote.



APPENDICE SUL SEQUESTRO DEI BENI DI REICH OSCAR (19)
 

In base al Reale Decreto Legge del 17 novembre 1938 n°1728  e all’ordinanza del Ministero dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I) del giorno 1 dicembre 1943 n° 5 relativa al sequestro dei beni mobili e immobile appartenuti agli ebrei, e anche in base agli articoli 7 e 8 Decreto legislativo n° 2 del Duce emanato  il 4 Gennaio 1944, dopo una relazione della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.) di Missaglia, il capo della provincia di Como con decreto n° 069 del 3 giugno 1944 ordina il sequestro dei beni   posseduti dal cittadino di razza ebraica Oscar Reich di fu Giuseppe.

Beni che poi verranno devoluti in amministrazione all’ Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (EGELI).  Ente appositamente creato per  per la gestione dei beni confiscati agli ebrei. Il capo dell'ente, commissario straordinario Pazzagli Leopoldo,  il giorno 8 luglio 1944  incarica il Credito Fondiario della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde di prendere in consegna questi beni e di amministrarli a beneficio della RSI.

 I beni in questione, consistenti in indumenti e suppellettili, erano giacenti presso la caserma della G.N.R. di Missaglia. 

Qualcosa deve essere andata storta visto che , dopo la liberazione, il 1 giugno 1945 la Cassa di Risparmio delle provincie lombarde attraverso il settore di Gestione Aziendale chiede, al sindaco di Missaglia, informazioni sulla situazione dei beni. 






 

EBREA SCOMPARSA
 

Il 25 agosto 1945 da una comunicazione del Questore di Como, Luigi Grassi, al sindaco di Missaglia si apprende la presenza nel paese di una certa Anna Reich (20) probabile ebrea, che aveva chiesto informazione su Ehrenwerth Antonia una donna di sua conoscenza internata nel comune di Arezzo.
La questura di questa città informa che l’internata di nazionalità Cecoslovacca era stata presente nel territorio del comune fino al settembre 1943 poi si era resa irreperibile. Da voci e informazioni rese da altri internati pare che la persona in questione sia stata poi presa dai nazisti e inviata in Germania: comunque della persona in questione si ignora la sorte.
 


COME VIVEVANO GLI EBREI INTERNATI A MISSAGLIA
 

L’arrivo e il trasferimento degli Ebrei  da una località e l’altra era soggetto ad una rigida normativa che garantiva, nella perversa mente dei fascisti, il continuo controllo sugli spostamenti  degli internati. Da parte della prefettura veniva inviata  comunicazione al Podestà della località ricevente del giorno di arrivo dell’internato,  con tutte le prescrizioni relative alla sua permanenza nel paese e le eventuali note sulla sua eventuale pericolosità.
Prescrizioni e divieti ai quali gli internati o meglio “gli internati civili di guerra” (21) in Missaglia erano sottoposti in base alla nota del 26 aprile 1942 della Regia Questura di Como

1-Stabilire un perimetro entro il quale gli internati potranno circolare, da stabilirsi di accordo con il comando della locale stazione dei CC RR

2-Divieto , salvo motivi speciali stabiliti da previe autorizzazioni, di uscire prima dell’alba e di rincasare dopo l’Ave Maria.

3-Obbligo di presentarsi quotidianamente all’Arma che in caso di assenza dovrà dare avviso telegrafico a questo ufficio.

4-Obbligo di serbare buona condotta, non dare luogo a sospetti, non frequentare esercizi pubblici, non avere dimestichezza e contatti con pregiudicati o persone comunque sospette.

5-Divieto di tenere presso di sé passaporti o documenti equipollenti.

6-Divieto di possedere denaro a meno che non si tratti di piccole somme non eccedenti le cento lire, le eccedenze dovranno essere depositate presso banche o uffici postali su libretti nominativi che saranno conservati dal Podestà. Qualora gli internati abbiano necessità di effettuare prelevamenti, dovranno chiedere di volta in volta al Podestà, che attestata la necessità, farà effettuare il prelevamento  sempre per una somma non superiore alla massima consentita.

7-Divieto di tenere gioielli di rilevante valore e titoli, che dovranno essere depositati in una cassetta di sicurezza.

8-Divieto di tenere una radio o leggere giornali in lingua straniera.

9-Divieto di tenere armi o strumenti comunque atti a offendere.

10-Per quanto riguarda la corrispondenza si richiamano le disposizioni già impartite, insistendo sulla necessità che tutta la posta in partenza deve essere presentata all’Autorità di P.S. locale, la quale dovrà, coi mezzi a disposizione provvedere alla censura e in caso contrario inoltrarla a questo ufficio. Inoltre si avverte che gli internati per nessun motivo potranno assentarsi dal luogo di dimora, eventuali necessità dovranno dagli stessi essere prospettate in una istanza a questo ufficio.

11-Per quanto riguarda la parte sanitaria degli internati devono avvalersi del Sanitario Comunale il quale percepirà compenso solo nel caso di internati non ammessi al sussidio. I ricoveri all’ospedale non sono permessi e solo in caso d’urgenza possibili previo avviso a questo ufficio contenente la spesa che verrà sottoposta al Ministero per la ratifica.   

Teresa Stern riceve, nell’aprile 1943, dalla DELASEM (22) (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei) di Roma e Nonantola (Modena) due pacchi di indumenti usati e pane , ma il tutto prima di esserle consegnato viene dal postino recapitato in municipio, dove il contenuto è controllato dal Podestà.

Il 27 agosto 1943 a Teresa Stern e al figlio Enrico arrivano due vaglia di lire 300 e lire 200 inviati loro dalla,  DELASEM (23) di Nonantola, prima di consegnarglieli  il podestà chiede l’autorizzazione alla Questura di Como.  Stessa cosa con un vaglia di 500 lire, il 21 settembre 1943, sempre indirizzato a Teresa.

Nei casi citati agli Stern venne consegnata la somma di 100 lire e il rimanente, in base alle prescrizioni della Questura di Como, fu deposiotato sui libretti nominativi in custodia al Podestà di Missaglia.
Esempio della ottusa rigidità dei controlli applicati nei confronti degli internati, il caso di Teresa Stern la quale il 10 maggio 1943 viene colta da repentini e forti dolori di peritonite per i quali il medico locale la invia di urgenza all’ospedale di Merate per essere sottoposta ad operazione chirurgica costata lire 400.
Malgrado l’evidenza del fatto al suo ritorno a Missaglia fu obbligata a fare tutta la trafila della richiesta per l’autorizzazione ad uscire dal territorio comunale (24), ovviamente spiegandone i motivi. 
I coniugi Meyerhof per poter andare a visitare dei parenti a Castiglione dello Stiviere in provincia di Mantova , dovettero chiedere alla Questura di Como un lasciapassare della durata di otto giorni.
Tale lasciapassare doveva essere vidimato alla partenza da Missaglia il 28 luglio 1943 dal Podestà, all’arrivo dovevano presentarsi al Podestà di Castiglione dello Stiviere per la vidimazione. Al termine del soggiorno di otto giorni per ritornare a Missaglia dovevano ripetere la stessa trafila.
Il lasciapassare era solo di andata e ritorno per la località per il quale era stato rilasciato e non dava diritto a nessuna altra fermata in altre località. Lo stesso dovettero fare per andare a Milano per sottoporsi ad una terapia medica , solo che in questo caso il lasciapassare era limitato a tre giorni.
Moses Clara, per andare dal medico a Milano dovette chiedere il lasciapassare anche per un solo giorno, e visto che aveva necessità di terapia continua dovette chiederlo più volte, sempre alla Questura di Como. Sempre con il timbro del Podestà di Missaglia alla partenza, di quello della Questura di Milano all’arrivo e con la riconsegna a Missaglia. 
Come stabilito dalle prescrizioni della Questura di Como, tutti gli ebrei internati dovevano sottostare a rigidi controlli da parte della questura e dei carabinieri, non potevano uscire dal territorio del comune senza lasciapassare rilasciato solo dietro comprovati e validi motivi dalla medesima Questura e solo per incombenze ben determinate.
Non potevano socializzare molto con gli abitanti e, se non trovavano lavoro da fare, erano costretti a vivere  solo con il sussidio dello stato che veniva loro concesso attraverso il comune (25).
Le dure condizioni ai quali erano sottoposti consentivano loro comunque di sopravvivere in attesa che la guerra finisse, ma dopo l’8 settembre le condizioni peggiorarono brutalmente diventando i campi di internamente delle anticamere per la deportazione nei campi di sterminio in Germania.
Infatti tutti gli ebrei di Missaglia sparirono dalle annotazioni nei registri dal 4 novembre 1943 data del loro arresto e deportazione in Germania dai nazisti. Nel 1947 il sindaco di Missaglia in risposta ad una richiesta effettuata dalla questura di Como rispetto a Clara Moses certifica che si ignora dove fosse finita e che da voci , non controllate, pare che la persona in questione sia stata deportata e fucilata dai tedeschi vicino al confine con la Svizzera.
Purtroppo come abbiamo già spiegato tutta la famiglia del Frankel fu deportata ad Auschwitz dove vennero trucidati lo stesso giorno di arrivo.   



NOTA AL MARGINE
 

Come erano considerati, dalle autorità fasciste, gli internati ebrei viene evidenziato in un comunicato del questore di Como, al Podestà e al Comando della stazione dei carabinieri di Missaglia del 3 giugno del 1942.
“ Consta a questo ufficio che gli ebrei stranieri internati (26), usando i mezzi propri della loro razza, in occasione dei rapporti che intercorrono fra loro e la popolazione, cercano e talora ottengono di muovere a compassione suscitando in chi li ascolta e li vede quel senso di “pietismo” dal quale tutti devono rifuggire.
Ciò assolutamente non deve ulteriormente verificarsi: gli internati, a parte i necessari contatti con la popolazione per ovvie ragioni, non devono avere dimestichezza con altre persone tanto più che, sfruttando la loro situazione d’internati e rappresentando ad altri la loro situazione economica, tentano di fare presa sull’animo di chi ascolta a mezzo di discorsi di tenore sovversivo ed antinazionale.
Pertanto pregasi sottoporre ad assidua vigilanza gli internati, di codesto Comune, segnalandomi tempestivamente ogni emergenza per i provvedimenti del caso, diffidandoli ad astenersi dallo avere contatto con la popolazione a scanso di invio in campi di concentramento.”




IL VIAGGIO VERSO AUSCHWITZ


Per chiudere il capitolo diamo qui la descrizione di quel tragico 30 gennaio 1943 quando dal binario 21della stazione Centrale di Milano partirono  per Auschwitz anche alcuni degli ebrei internati di Missaglia (27).

Disperazione. Alla Stazione Centrale entrammo sicuramente da un lato, poteva essere via Ferrante Aporti. Andammo nei sotterranei, il treno non
partiva dai binari passeggeri.

Qui, sì, ci fu violenza: SS con cani, scudisciate per farci salire a gran velocità su questi vagoni, bastonate, i vecchi che non ce la facevano, parolacce, solite cose che diventarono poi di ordinaria amministrazione. Questo fu il primo impatto con quella realtà che dopo sarebbe divenuta quotidiana".

Il treno, che aveva lasciato Milano domenica 30 gennaio 1944, arrivo ad Auschwitz il sabato successivo, 6 febbraio. Pioveva, intorno non c'era altro che fango e neve. Sofia Kaufmann, medico al sanatorio di Sondrio, arrestata il 2 dicembre precedente assieme alla sua collega dottoressa Bianca Morpurgo, ricorda : "Avvennero delle scene strazianti.

In tutti i vagoni vi erano dei morti e dei moribondi, da cui i parenti non volevano staccarsi. Alcune donne piangevano disperate, abbarbicandosi ai loro cari. Intervennero le SS, strappandole di là e spingendole coi calci dei fucili. Furono fatti schierare gli uomini da una parte, le donne e i bambini da un' altra.

Ci fu chiesto se ci fossero fra noi delle dottoresse, ce n'erano solo due: io e Bianca Morpurgo. Fummo invitate ad uscire dalla fila. Alcuni agenti procedettero poi ad una rapida scelta delle donne ancor giovani e valide, una dozzina in tutto.

Donne giovani ce n'erano molte di più; ma, para lizzate dal freddo e sfinite dalla fame e dalle sofferenze di quei sette giorni, sembravano degli spettri, non si reggevano in piedi. Fra le donne prescelte, c'era anche la madre dei due bambini che avevano viaggiato con noi nel treno verso il Lager".
Sul convoglio partito da Milano il 30 gennaio furono deportati anche i seguenti bambini: Amiel e Lia Sadun di 14 e 13 anni; Marco e Tito Grauer di 14 e 12 anni, Mose Auerhahn di 5 anni; i fratellini Anna, Jacob, Manfredo Feintuch di 11, 13 e 10 anni; Levi Frisch di 14 anni; Abraham, Jechiel, Benzion, Miriam Mendelshon, i primi due gemellini di 9 anni, gli altri fratelli di 12 e 8 anni; Darko e Hela Rajner di 8 e 11 anni; Luciana Pacifici di 1 anno; Paolo Procaccia di 1 anno; Liliana Segre di 13 anni; Margherita Frankel di 7 anni; Aldo Vitale di 12 anni; Alberto Morais di 14 anni; Rambaldo Piperno di 14 anni; Aldo, Carlo, Elias Levi di 10,6 e 14 anni; Sissel Vogelmann di 9 anni; Salvatore Baruch di 9 anni; Dana e Lucia Bayona di 10 e 12 anni; Flora Modiano di 6 anni; Jean Pierre Hasson di 13 anni; Fiorella, Mario, Sara Calò di 1,6 e 2 anni; Liana e Jack Ziegler di 7 e 5 anni; Nella Attias di 6 anni; Lina Drechsler di 7 anni.

La più anziana era Esmeralda Dina di 88 anni. Il numero di sopravvissuti alla selezione iniziale e immessi in campo è deducibile dai numeri di matricola attribuiti: 97 uomini e 31 donne. Tutti gli altri furono uccisi con il gas il giorno del loro arrivo. Con questo trasporto da Milano ad Auschwitz, il centro di smistamento dei convogli in partenza per la Polonia passava a Fossoli prima e a Bolzano poi.




NOTE

(1) Indice generale degli ebrei stranieri internati in Italia 1940-1943, che la Fondazione CDEC mette a disposizione degli studiosi e di tutte le persone interessate.

(2) Il database creato da Francesca Cappella contiene i nomi e i dati relativi a 5.829 ebrei stranieri, per i quali esiste un fascicolo personale presso l’Archivio Centrale dello Stato, “Fondo Ministero dell’Interno, Cat. A4bis, Internati stranieri e spionaggio”. Il database creato da Anna Pizzuti contiene i nomi e i dati relativi a 9337  ebrei stranieri, ed è in continuo aggiornamento; questi nomi sono tratti basilarmente dagli elenchi raccolti presso l’Archivio Centrale dello Stato, “Fondo Ministero dell’Interno, Cat.A16, Stranieri ed ebrei stranieri”.

(3) Nel meratese oltre a Missaglia ebbero ebrei internati: Barzanò, Brivio, Merate e Cernusco Montevecchia

(4) Senza più nazionalità, ne patria, quindi senza nessuna protezione giuridica, in balia degli eventi.

(5) AdS Como, Prefettura, Gabinetto, II° vers., b. 109, fasc. Blocco conti ebraici, capo della provincia di Como a questore di Como e per conoscenza a comando militare germanico, 19 ottobre 1943.

(6) Ibid., varie lettere di istituti di credito con annotazioni manoscritte di terzi.

(7) I Frankel erano degli imprenditori e quindi erano una famiglia facoltosa , da Milano quando furono costretti a venire a Missaglia riuscirono a portare diverse cose che distribuirono fra varie famiglie Missagliesi. Nell’inventario fatto alla fine della guerra furono rinvenute: una camera da letto matrimoniale di pregevole fattura, una cucina a gas, vari armadi e tavolini, sedie e mobilio vario. Alcuni mobili furono presi dalle BBNN di Missaglia, altri dalla GNR e altri ancora si dispersero o rovinati prima di essere inventariati, quasi sempre ad opera dei fascisti. 

(8) Privati della cittadinanza italiana o tedesca diventavano apolidi, persone senza nazionalità e quel che più era drammatico , senza diritti.

(9) Allora Spalato faceva parte del regno d’Italia.

(10) La Levi Flora aveva un fratello Levi Inko di fu Leon e Frida Albodari, nato a Sanski Most (Bosnia) il 4 ottobre 1920 , internato a Lusiana Vicenza il 26 novembre 1941. Era ancora presente come internato a  Ferramonti (Pavia) il 25 luglio 1943.

(11) Sito internet www.annapizzuti.it ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico.

(12) Ruben Stern , nipote di Teresa aveva un fratello internato in Italia,  Stern Marco nato a Zagrabia , Jugoslavia 03 agosto 1929 Arrestato a Fiume nel 1941 era presente come  internato  a Sestola (Mo) il 12 giugno 1942. E nuovamente presente a Monfestino in Serramazzoni sempre in Modena  il 15 marzp.1943.

(13) Siti internet www.annapizzuti.itè www.cedec.it

(14) Dopo avergli confiscato tutto quello che possedevano i fascisti li mantenevano nella più completa indigenza. Qualora riuscivano a trovare un lavoro il sussidio veniva sospeso o addirittura soppresso se il lavoro era continuativo e non saltuario.

(15) Il sussidio gli viene corrisposto , addirittura aumentato a 9 lire giornaliere, fino al 31 ottobre 1943 poi spariscono dai registri comunali.

(16) Il 29 settembre 1942 a Erik e Egon una ditta di Missaglia offre un posto di lavoro come badilanti.

(17) Quando , dove e come siano riusciti a farlo non lo sappiamo per , al momento, carenza di adeguata di documentazione. Da uno studio realizzato nel 2009 dal Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici dell’Università di Pisa , risulta che gli Stern non furono deportati in Germania.

(18) Diventato poi dopo la liberazione  sindaco “democratico” di Missaglia.

(19) Archivio Comunale di Missaglia – Cartella 119 - Categoria 7 - Classe 6 - Fascicolo 9 - Anni 1844-1945 – Sequestro beni di Oscar Reich.

(20) Potrebbe trattarsi di una parente di Oscar Reich , anche se non esistono documenti che la identificano come tale.

(21)  In questo modo venivano chiamati dalle autorità fasciste forse per mascherare la persecuzione in atto nei loro confronti per questioni razziali.

(22) Il DELASEM era un organismo, costituito il 1º dicembre 1939 come associazione autorizzata dal governo fascista, per iniziativa di Dante Almansi e dall'avvocato genovese ebreo Lelio Vittorio Valobra, Suo scopo ufficiale era quello di assistere i correligionari stranieri allora profughi e internati in Italia ed agevolare l'emigrazione di almeno una parte di essi. L'organizzazione, che fu legale fino all'8 settembre del 1943, poté contare fin dall'inizio del sostegno e della collaborazione non ufficiale di non ebrei e di alcuni settori importanti della Chiesa cattolica. Dopo l'occupazione di Parigi fu la Svizzera a fare da collegamento fra la DELASEM e le organizzazioni di beneficenza internazionali.

(23) Essendo indigenti gli Stern vivevano solo con il sussidio e il poco che quadagnavano con i lavori saltuari, quindi il DELASEM passava loro un contributo.

(24) L’intervento chirurgico e la relativa degenza costò al comune circa 400 lire, spesa che doveva essere autorizzata dal Ministero tramite richiesta che veniva inoltrata alla questura di Como.

(25) Le somme che il comune pagava per; i sussidi, le locazioni o le spese sanitarie agli internati venivano poi recuperate, attraverso la Questura di Como, dal Ministero dell’Interno, in quanto i costi per il mantenimento al confino degli ebrei ricadeva su questo Ministero.

(26) Privati della nazionalità italiana erano diventati di fatto degli stranieri perché di origine germanica.

(27)  Dalla testimonianza di Liliana Segre, 25 marzo 1992.


 

"IL GIARDINO DEI GIUSTI DI TUTTO IL MONDO" DI MILANO a cura di Marco Bartesaghi

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Monte Stella, a Milano, nel quartiere QT8, è un monte costruito dall’uomo, utilizzando il prodotto delle sue distruzioni. È nato infatti sulle macerie prodotte dai bombardamenti su Milano, avvenuti durante l’ultima Guerra Mondiale. Per questa sua natura e per l’idea di chi lo ha progettato, l’architetto Piero Bottoni, Monte Stella è di per sé un monumento alla Memoria: della guerra, delle sue distruzioni, delle sofferenze che ha provocato.
Monte Stella, dal 2003 ospita il “Giardino dei Giusti di tutto il mondo”, un’area dove sono posati dei cippi dedicati a uomini e donne che, per le loro coraggiose scelte etiche, meritano di essere ricordati e additati come esempio. Per ogni “giusto” è stato anche piantato un albero, un pruno.
Il giardino, che ho visitato una domenica mattina d’autunno, colpisce per la sua sobrietà; le lapidi per l’equilibrio delle frasi scolpite, dove non c’è una parola di troppo. Incontri personaggi, fra quelli che vengono presentati, di cui conosci la storia; per altri ti nasce la curiosità di saperne di più. M.B.









Fridtjof NANSEN - esploratore norvegese – Nobel per la pace 1922 – ha creato un passaporto per apolidi e soccorso gli armeni e i profughi




Hrant DINK – assassinato a Instanbul per aver difeso la memoria del genocidio armeno in Turchia




 Aysenur ZARAKOGLU – editrice turca – ha dedicato la vita alla difesa dei diritti civili, della verità e della memoria nel suo Paese

 





 Armint WEGNER – scrittore tedesco – ha denunciato al mondo il genocidio degli armeni e ha scritto invano a Hitler nel 1933 di non perseguitare gli ebrei


 
 
Beatrice ROHNER – educatrice svizzera – ha rischiato la vita per soccorrere in Turchia ngli orfani armeni sopravvissuti al genocidio del 1915 – 1916



 CLICCA SU "CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO" PER  VEDERE L'INTERA RACCOLTA DELLE ISCRIZIONI DEL "GIARDINO DEI GIUSTI"
 




Samir KASSIR – giornalista e politico libanese – assassinato nel 2005 per aver difeso la libertà di espressione, i diritti umani e la sovranità nazionale



 Enrico CALAMAI – Console italiano a Buenos Aires – ha difeso i diritti umani e aiutato i perseguitati durante la dittatura di Pinochet in Cile e di Videla in Argentina






Giacomo GORRINI – Console italiano a Trebisonda - nel 1915 testimone del genocidio armeno lo ha denunciato alla comunità internazionale mentre era ancora in corso




Pietro KUCIUKIAN - in onore ei giusti per gli Armeni di Dzidzernagapert Yerevan





Moshe BEJSKI – in onore dei Giusti tra le nazioni di Yad Vashem Gerusalemme 




Pierantonio COSTA – Console italiano a Kingali – ha salvato molte vite durante il genocidio in Rwanda





 Anna POLITKOVSKAJA – assassinata a Mosca per aver denunciato i massacri di civili in Cecenia






Dusko KONDOR – assassinato a Bijeljna per aver denunciato la pulizia etnica in Bosnia – Erzegovina




 Sophie SCHOLL – studentessa universitaria – giustiziata per aver cercato, nel 1943, con il gruppo della Rosa Bianca, di risvegliare la coscienza del popolo tedesco






Neda Agha SOLTAN – uccisa in piazza a Teheran – simbolo della resistenza morale dei giovani iraniani e della lotta per la libertà



Andrej SACHAROV– in onore dei Giusti del Gulag




Aleksandr SOLZENICYN – scrittore russo – ha denunciato il GULag e ha cercato di scuotere il mondo dall’indifferenza




Romeo DALLAIRE – comandante dei Caschi Blu – ha allertato le Nazioni Unite dell’imminente genocidio in Rwanda chiedendo invano l’invio di truppe




Svetlana BROZ – in onore dei Giusti contro la pulizia etnica della Bosnia Erzegovina




Yolande MUKAGASANA – salvata dal genocidio in Rwanda – testimone della memoria – ha difeso il valore della verità, della gratitudine e dell’impegno per la riconciliazione




Don Giovanni BARBARESCHI, Fernanda WITTGENS, Giuseppe SALA– in onore dei Giusti milanesi che salvarono numerosi ebrei e altri perseguitati durante l’occupazione nazista, sostenuti dalle reti di soccorso sul territorio






 Mehmet Gelal BEY – turco ottomano – sindaco di Aleppo – si è opposto alle direttive del suo governo che imponevano l’eliminazione del popolo armeno nel genocidio del 1915




Razan ZAITOUNEH – avvocatessa siriana – attivista dei diritti civili e contro il fanatismo – scomparsa nel 2013 vicino a Damasco, rapita da gruppi estremisti jihadisti




Ghayath MATTAR – giovane pacifista arrestato e ucciso in Siria nel 2011 – offriva fiori ai soldati in segno di dialogo e si batteva per i diritti umani





 Claire LY – sopravvissuta e testimone del genocidio in Cambogia, ha indicato un percorso interiore per ritrovare la forza della speranza



Vaclav HAVEL– fondatore di Charta ’77 – primo presidente della repubblica Ceca – ha difeso il valore della verità, opponendosi al totalitarismo




Dimitar PESHEV – vicepresidente del Parlamento in Bulgaria durante il nazismo, ha salvato 48 000 ebrei e l’onore del suo paese




Alganesh FESSAHA – ha rischiato la vita in Africa per soccorrere i perseguitati. Attivista umanitaria italoeritra ha aiutato i migranti e i loro familiari a Lampedusa dopo il tragico naufragio del 2013




DONNE E UOMINI DELLA GUARDIA COSTIERA– hanno rischiato la vita, ciascuno con grande abnegazione, da Lampedusa a tutte le coste italiane per salvare i naufraghi in fuga da fame e violenze 



Rocco CHINNICI – magistrato integerrimo e di grande umanità, coraggioso promotore del primo pool antimafia del tribunale di Palermo, ucciso dalle cosche nel 1983



Angelo RONCALLI – Papa Giovanni XXXIII – delegato apostolico in Turchia ha salvato molti ebrei dallo sterminio nazista e con il Concilio Vaticano II ha aperto la chiesa al dialogo tra le religioni



Primo LEVI – sopravvissuto ad Auschwitz – scrittore della memoria del lager, ha indagato la zona grigia del male per risvegliare la coscienza del mondo


Khaled Abdul WAHAB– ha salvato a Mahdia un gruppo di ebrei durante la Shoah in Tunisia




AGLI ITALIANI GIUSTI FRA LE NAZIONI – onorati a Yad Vashem per aver salvato gli ebrei durante la Shoah



Vasilij GROSSMAN  - scrittore russo – ha raccontato la Shoah e la resistenza irriducibile degli uomini al totalitarismo sovietico



Nelson MANDELA – Nobel per la pace – ha difeso i diritti umani in Sudafrica e sconfitto l’apartheid con la non violenza scegliendo verità e riconciliazione



Kaled AL ASSAD - trucidato dall’ISIS nel 2013 per aver difeso in Siria il patrimonio archeologico di Palmira, memoria della civiltà umana




Ian KARSKI – messaggero della resistenza polacca – ha informato il mondo della Shoah e chiesto invano ai grandi della terra di salvare gli ebrei




Marek EDELMAN – comandante della rivolta del ghetto di Varsavia ha custodito la memoria ebraica in Polonia dopo la Shoah e lottato contro il totalitarismo e per la libertà nel mondo

Ho scattato queste fotografie nel novembre del 2015. Qui sono presentate nell'ordine con cui sono state riprese, cioè senza nessun ordine particolare. M.B.




 

27 GENNAIO "GIORNO DELLA MEMORIA": VERDERIO RICORDA LA FAMIGLIA MILLA

LA NATIVITA' DI CASCINA BERGAMINA di Marta Cattazzo

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LOCALITA' : Verderio Inferiore
UBICAZIONE : Cascina Bergamina, via delle Brughiere 3
ICONOGRAFIA : Natività
COLLOCAZIONE : portico d‟ingresso,da terra cm. 220
DIMENSIONI : cm. 78 x 98
PROPRIETA‟ : la famiglia Roveda



La natività della cascina Bergamina (foto2010)









 
Visione d'insieme dell' edicola sacra (foto2002)





 DESCRIZIONE
 
Questa tipo iconografico è attualmente alquanto raro da rintracciare, poiché i soggetti a partire dalla seconda metà dell‟Ottocento fino ad oggi sono per la grande maggior parte di carattere mariano, come ho potuto personalmente constatare con il censimento effettuato.
Sebbene la figura di Maria occupi la parte centrale del dipinto, il soggetto è comunque la natività di Cristo e l‟adorazione dei pastori, che si può leggere come una sorta di Sacra Famiglia allargata, specchio della vita comunitaria che regnava nell‟intera cascina, protettrice dunque delle numerose famiglie che vi abitavano.
Il Bimbo, estremamente minuto, giace nella mangiatoia: è l‟attenzione che cattura le figure intorno, ma al tempo stesso sembra trasmettere alla folta gente che lo circonda il ruolo di protagonismo. Sono quasi quei volti, quegli atteggiamenti devoti che ruotano attorno alla figura inginocchiata della Madre, a rispecchiare la devozione popolare di un tempo, in particolare delle donne della corte; mentre S. Giuseppe, ancora sbalordito dall‟evento, forse un po‟ impacciato, preferisce rimanere in piedi ad osservare la scena. E' al limite del dipinto:
al tempo stesso fa parte e non fa parte dell‟avvenimento, tuttavia ricopre il ruolo di padre, di capo famiglia, è il più alto nella scena, è in primissimo piano.
L‟autore della pittura, per quello che si può ancora vedere, non doveva avere una scarsa mano: i volti sono espressivi, le proporzioni sono rispettate, la tavolozza è ricca di differenti tonalità, il chiaroscuro è correttamente disteso un po‟ ovunque.


 
L'androne d'entrata di cascina Bergamina, visto dall'interno (questa cartolina ha viaggiato nel 1959)   


 
Vista esterna di cascina Bergamina


 DATI STORICI INERENTI

Sono ignote le origini della Cascina Bergamina, tuttavia, secondo le osservazioni del signor Guido Roveda, la struttura architettonica con la torre a passante, essendo tipica della seconda metà del Cinquecento, potrebbe far risalire la costruzione originale a quell‟epoca; ma si tratta solo di una supposizione, poiché documenti che certificano l‟esistenza di tale cascina si hanno solo con l‟inizio del Settecento, ovvero col primo rilevamento del Catasto Teresiano effettuato nel 1719 da Carlo VI, dove la cascina già esisteva, presentandosi strutturata come appare attualmente. I proprietari in quel periodo erano gli Annoni, antica famiglia aristocratica milanese, la quale probabilmente possedeva da tempo questa dimora. Gli Annoni vi rimasero fino al 1927 quando vendettero la proprietà ai Gnecchi-Rusconi, più esattamente a Gianfranco Gnecchi (1901-1981) e Antonietta Caccia-Dominioni, i quali si erano da pochi anni sposati.
Il signor Guido Roveda mi informa che ha avuto notizie circa l‟esistenza in passato di una cappellina adiacente al cortile, la quale venne però adibita a locale abitabile probabilmente col passaggio di proprietà dagli Annoni ai Gnecchi.
Riguardo il nome misterioso della cascina, l‟unico significato che ho trovato è stato leggendo alcune righe descrittive della Brianza da un saggio di Cesare Cantù: “La maggior quantità di vacche è ripartita nel nostro territorio in mandrie (bergamine) da 30 a 120 capi, sui grandi poderi, ove tengonsi in ampie cascine” (C. Cantù, Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto, Corona e Caimi editori, Milano 1858, vol. I, p. 362). Bergamine era dunque una denominazione usata nell‟Ottocento e ancor prima, indicante appunto le grandi mandrie di bestiame, sia mucche che cavalli. E‟ possibile che la dimora di via delle Brughiere fu denominata in questo modo ancora ai tempi degli Annoni, i quali possedevano infatti numerosi allevamenti.







 

IL PIROSCAFO "SAVOIA", L'ULTIMA OPERA DI ENRICO COLOMBO

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Il “cantiere navale”di Enrico Colombo (1), situato nella mansarda della sua abitazione di Verderio, ha recentemente varato il modello di un glorioso piroscafo, il “Savoia”, che, con questo nome fino al settembre del 1943 e in seguito con quello di “Patria”, ha solcato per una sessantina d’anni le acque del lago di Como.



Ora, depauperato del suo originale arredamento, è tristemente ormeggiato, in disuso, di fronte ai giardini di villa Olmo, a Como.


Il piroscafo "Patria", già "Savoia", fotografato recentemente dal Corriere della Sera


Era  stato costruito nel 1926 da una ditta di Genova, la N.Odero, nel cantiere navale di Dervio. Per la sua realizzazione l’azienda aveva impiegato solo 53 giorni e il 31 luglio a Dervio il piroscafo era stato varato. 


Il piroscafo "Savoia"durante il viaggio inaugurale, il 31 agosto 1926




Il piroscafo è del tipo a “mezzo salone”. Ciò significa che, a differenza del  tipo a “salone”, la sala di poppa non è a livello della coperta principale ma a un livello inferiore.

Il "salone" del piroscafo Savoia
Il 16 ottobre del 1941 il “Savoia”si arenava, a causa dell’oscurità, nei pressi di Gravedona e dovette essere disincagliato  dai piroscafi Como e Commercio. Più tragici i due episodi seguenti, quello del giugno 1943, quando, nel porto di Como, speronava una barca causando una vittima, e quello del 1 gennaio 1945, già “Patria”, quando, alle 14,30, veniva mitragliato da aerei alleati, che causarono la morte di 6 persone e il ferimento di altre 17 (2).


 ***
 
Enrico Colombo davanti al modello finito del piroscafo "Savoia"

Il piroscafo costruito da Enrico, in scala 1:50, ha una lunghezza massima di cm 110. La sua struttura è in lamierino di rame dello spessore di mm 0,4. Realizzato sulla base di disegni originali, per la sua costruzione sono state necessarie circa 400 ore di lavoro.









































































 NOTE
(1) Leggi su questo blog l’articolo, pubblicato il 15 marzo 2015, UN CANTIERE NAVALE IN MANSARDA. Lo trovi velocemente cliccando su questo indirizzo: http://bartesaghiverderiostoria.blogspot.it/2015/03/un-cantiere-navale-in-mansarda-di-marco.html
 

(2) Ho ricavato tutte queste notizie (e le due fotografie del piroscafo) dal libro Sulla scia del Vapùr. Storia dei piroscafi che hanno solcato il Lago di Como dalle origini al dopoguerra, Massimo Gozzi, Gianpaolo e Roberto Brembilla, Editrice Associazione Luigi Scanagatta.


VERDERIO, 24 GENNAIO 2016, CIRCA ORE 16 di Marco Bartesaghi

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